What i really want [Ranma]

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  1. Ery_chan
     
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    Com'è possibile che questa sezione sia così spoglia? :lili: Ci pensa mamma Ery a riempirla :dance: . Ecco a voi il primo chapter di What i really want , fic ovviamente su Ranma.
    Specifico che il rating è arancione per motivi di convenienza.
    Genere : Commedia/Romantico
    Tipo di fanfiction : Longfic a capitoli
    :happy: Buona lettura.



    What i really want

    Capitolo Primo : La quiete dopo la tempesta o viceversa?




    Ssh. L’uggiolare del vento quieto tra i capelli. Incute forse timore ascoltare il riverbero di quest’urlo? Udito teso, sin troppo. Braccia incrociate dietro la nuca, a sorreggere il peso eccessivo del capo. Stanotte paiono pesanti anche i pensieri. Ed è il tetto, come ogni sera da due anni a questa parte ad accogliermi come ‘pensatoio’. Rifugio del mio silenzio. Socchiudo le palpebre, godendomi me con la notte, stringendomi nel suo abbraccio più che posso, come un moccioso.

    Ennesimo litigio. Ennesimo errore, mio ovviamente. Dove sbaglierò mai, me lo sono sempre chiesto senza trovare risposta. Screanzato. Stasera me l’hai detto così tante volte che nemmeno mi sono sprecato a contarle. Sospiro, la gabbia toracica che sale e scende. Il battito cardiaco che si muove in perfetta simbiosi col mio stato d’animo. Incazzato o nervoso è la stessa cosa, non mi calmerò prima di domattina. Quella, è sempre capace di rendermi le giornate pessime. Distorco le labbra appena. Non riesco ad abituarmi all’idea d’essere il ‘fidanzato’ di una mocciosa. Toh, figuriamoci che il più delle volte è lei che da del bambino a me. Potrei anche considerarla un fardello noioso se soltanto io…

    Piego gli avambracci contro il capo, tentando di coprirmi la faccia, pressandola a più non posso per distogliere quel pensiero scomodo dalla testa. Hai mai pensato a lei come qualcosa di ‘più’?. Questo mi dice la testa, incessantemente. No e poi no, questa è la mia risposta. Sempre. C’è chi direbbe che mento a me stesso, c’è chi direbbe che dovrei essere ligio al mio ‘dovere’ di ‘fidanzato’. Dovere di cosa? Ho forse scelto io di esserlo? No. Dannazione. Mi sollevo completamente, stanco di delirare sempre e solo su di lei. Uno schema fisso sin da troppe ore . Non riesco a togliermi dalla testa quella faccia da schiaffi che si ritrova quando mi sodomizza. Raccolgo le gambe al petto, andando ad incrociare gli occhi contro il naso per osservare, di nuovo, quel cerotto postovi sopra. “Oramai sei un’abitudine pure tu, eh amico mio?” Perfetto. Sto familiarizzando con un cerotto. “Certo Ranma, chiamiamo pure bende e tutto il resto per fare un comizio tutti assieme”. Dei sto impazzendo seriamente, ho bisogno di una vacanza, di relax, di un … bagno, ecco si. Quello.

    Porto la mia ‘carcassa’ o quello che ne rimane oggi presso il bagno, sembrano lunghe anche le scale stanotte. Chiudo gli occhi, evitando di scivolare ancora sull’argomento ‘Akane’, ecco, ma sono un cretino allora. Scuoto la testa aprendo la porta e richiudendola dietro di me di scatto, odio pensarci. L’acqua scorre, m’immergo completamente sino al naso. Ecco, ora sto un pochino meglio. L’unico imbecille che alle tre del mattino si fa un bagno sono io, ovviamente. Ho voglia di restare un pochino con me stasera, solamente. Poggio indietro il capo, sulla superficie della vasca. “Mh” non faccio in tempo a chiudere gli occhi che un tonfo sordo mi risveglia dalla ‘relax-mission-impossible’.

    “Cosa c’è ora?” m’affaccio dalla finestrella, tanto per rendermi conto della situazione. Chiedo troppo se ‘tento’ di farmi un misero bagno? Nemmeno questo ora? La parola ‘Ranma’ e ‘Rilassarsi’ nella stessa frase stonano come ‘Ryoga’ e ‘vittoria contro di me’. Poggio il braccio sul bordo della vasca, ho capito. Mi sollevo completamente avvolgendo l’asciugamano contro il corpo. Non c’è pace in questa casa.

    Apro la porta, lentamente, solamente per rendermi conto di non essere l’unico deficiente sveglio. Happosai sta rientrando dalla battuta di ‘caccia’ notturna. Quel vecchio feticista maniaco pervertito, bleah. Quanti anni avrà per fare certe cose? 340 o giù di li? Sono sempre dell’idea che abbia lasciato casa nel cretaceo. Intanto mi smuovo per rientrare in camera, si sa mai, quel rimbambito potrebbe mettersi in testa di farmi provare uno dei suoi reggiseni anche a quest’ora. Piano, piano. Passo dinanzi la camera di Akane. E’ semi aperta, non ci faccio troppo caso, semplicemente passo. Se solamente non avessi sentito quel “Ranma…” pronunciato a denti stretti, io, da povero scemo ovviamente non so farmi i cazzi miei. Mi addentro come un ladro in camera sua, ripetendomi mille volte la stessa cosa – se mi scopre sono morto, se mi scopre sono morto- ma che diavolo ci sono entrato a fare allora?

    “Ranma…” ancora. Vuoi vedere che mi sta sognando? Sulle labbra mi compare un sorrisetto piuttosto sornione, prima fa la difficile e poi. Mi fermo. Un sottile filo di luce s’intromette ad infastidirle il sonno, muove di poco le labbra e il polso, ora sollevato di poco vicino al capo, smuovendosi sotto le lenzuola. Deglutisco appena. Per un attimo avevo pensato si fosse svegliata, fantasie mie.

    Avanzo ancora un po’, parandomi tra finestra e letto. Non troppo vicino, si sa mai, ho imparato da ‘equivoci passati’ a stare lontano da quel letto. “Ranma sei uno scemo deficiente cretino…mhhh…”. Ti pareva. Un espressione indecifrabile m’è appena passata dinanzi alla faccia, pure quando dorme sogna di insultarmi?

    “Kawaiikune” esordisco basso, semplicemente, prima di voltare i tacchi per andarmene. “Aspetta” la voce di lei mi sorprende nell’oscurità della stanza. “C…Caz…” , mi volgo a moviola, pregando tutti i santi che fosse solo la mia immaginazione. Rimango invece sorpreso, anzi, annichilito da lei. “A…Akane?” ha spostato il lenzuolo dalle gambe, distendendosi completamente sul letto, facendomi uno strano gesto con l’indice verso di sé. “Su, vieni…” mi intima con un accento ‘stranamente’ sensuale. Reclino di poco il capo senza capire a cosa alluda, nah, quella non è Akane – è un alieno che le somiglia.

    “C…cosa c’è?” possibile che io sappia solamente balbettare frasi insensate e rimanere in piedi come uno stoccafisso, mezzo nudo dinanzi a lei? Per la cronaca ‘il mezzo nudo’ mi era sfuggito. Arrossisco ora, pesantemente anche. “Come cosa c’è? Sai … il letto è così grande per una persona sola… vieni a farmi compagnia?” Oddio. In questo momento non saprei dire dov’è arrivata la mia bocca o di che dannato colore è diventata la mia pelle, so soltanto che sto cominciando a provare un intenso senso di vertigine misto al divampare d’un fuoco inesistente, laggiù? Oh dei. Sto svalvolando, mi è parso che ‘lei’ mi stesse invitando ‘nel suo letto’, sono impazzito, prima parlo coi cerotti, ora ho le visioni. L’unica cosa che si sposta di me sono le iridi che ora, lentamente scivolano dal volto di lei sino alle gambe, non volutamente.

    D…da quando ha delle gambe così…così. Ranma maledizione! Oddio, l’influsso del vecchiaccio. Porta scarogna un pervertito in casa. Serro le palpebre immediato. Non guardare su. “Eddai, non farmi insistere Ranma, vuoi che venga a prenderti?” continua con quell’ardire nel tono che mi fa…mi fa…mi fa… ahò, il disco! Scuoto la testa energicamente più volte. Non è possibile, non è lei. “Akane ma mi dici cos’hai?” inarco le sopracciglia scaldandomi appena. Lei si solleva, s’avvicina. Oddio. Troppo vicina. La sua mano si posa sul mio volto, sulla guancia precisamente, cominciando a scendere lentamente. Scappa, scansati fai qualcosa perdiana, no, morto. Rimango qua davanti come imbalsamato dal suo tocco. Si avvicina al lobo destro dell’orecchio, soffiandoci dentro appena. Un brivido mi devasta la spina dorsale in un lampo, contribuendo al rizzarsi immediato del codino dietro la nuca … e oserei dire, assieme a ‘qualcos’altro un po’ più in basso’. Deglutisco. Mi sembra d’ingollare un macigno piuttosto che saliva. Sudorazione all’eccesso, ho l’impressione che tra poco dovremo spostarci in gondola qua dentro, il muscolo cardiaco che prende a battere all’impazzata. Oddio un infarto, lo sento. “Allora? Devo chiederti esplicitamente di fare l’amore con me?” ecco. Presente il suono dell’apparecchio ospedaliero che controlla i battiti cardiaci? Ecco. Il mio in questo momento è decisamente piatto. Secondo me mi è appena preso un infarto. “A…a…a…” si domani. Se vado avanti di questo passo contribuirò all’invecchiamento di Akane seduta stante. Indietreggio di un passo appena. “Che hai detto?” No, devo avere qualche serio problema di udito perché, oddio, dov’è che sta mettendo la mano? Ma perché cavolo non mi muovo io? Semplicemente il mio ‘corpo’ non ne ha voglia.

    “Non mi rispondi, scemo?” mi sussurra sorridente tirandomi per la mano verso il letto. “A…Akane che stai dicendo? N…non posso…n…non poss…possiam…” finisci la frase su. Mai, la bocca pare aver perso saliva in modo improvviso. Acqua? “Ranma, certo che possiamo, sei il mio fidanzato no?” Io annuisco. COSA? Ma sono rimbecillito completamente?

    “No.” Mi salvo in corner distaccandomi dalla sua presa. Il sorriso sulle sue labbra muore, mentre gli occhi le divengono lucidi. “Non sono abbastanza per te?” l’osservo silente, riesce a mantenere quell’alone estremamente sexy anche dietro le lacrim…no, remake, io ho appena definito quel cetriolo di Akane ‘sexy’? Sono decisamente divenuto pazzo. Domani credo che andrò dal dottor Tofou per un controllo di vista, udito, tatto e tutto il resto : anzi, un check up completo. Se mai ci arriverò a domani intero.

    “N…non è…cioè…che tu non sei…ma noi…” buonasera, tanto, per me esprimere un concetto che abbia senso compiuto in una situazione simile è del tutto fuori discussione. Akane torna in te ti prego, oddio ma puoi anche rimanere così eh. Due pensieri contrastanti, decisamente. “Smetti con i ma… io ho voglia di te” mi seduce nuovamente, stavolta senza darmi tempo di ribattere, scivola con le labbra direttamente sul collo. E qui, signori io vi saluto. Amen. “N…non…” chiudo gli occhi, so fare solamente questo, desidero con tutto me stesso che continui quel che ha cominciato se non fosse…

    “Ranma, dannazione! Vuoi stare li immobile come uno stoccafisso tutta la notte?” scuoto il capo, osservando dinanzi a me un’Akane piuttosto incazzata che mi guarda furibonda. Oh my, era solamente LA MIA IMMAGINAZIONE? Mi sono fatto un viaggio epocale solamente passando davanti alla sua porta? Le mie labbra si distorcono in una smorfia di delusione. Lo dicevo io che quel maniaco di Happosai aveva influssi negativi. “Eh? Ma che vuoi che me ne freghi … non verrò di certo a letto con te” ma che cazzo ho detto?

    Lei mi fissa scioccata. “Ma chi ti ha chiesto di venire a letto con me! Brutto maniaco depravato porco maiale!” e come al solito una miriade di oggetti non identificati volano fuori dalla stanza, si, signori anche alle tre del mattino Akane sa essere una rompiscatole di prima categoria. Scappo a gambe levate rintanandomi in camera. Mi sarei schiaffeggiato all’infinito per quell’immensa figuraccia. Ecco, direi che è meglio dormirci sopra.

    Due ore dopo.

    Non è possibile. Non riesco ancora a dormire? Non riesco a togliermi dalla testa quell’immagine, quelle labbra, quella…quella. Oddio vi prego datemi un cazzotto in testa ma dove sono Kuno e company quando servono? Mi rigiro nel letto insistentemente. Non è da me fare ‘certi pensieri’ su ‘Akane’ per giunta. Ci deve essere di mezzo qualche intruglio di Happosai importato dalla Cina, non c’è altra, logica spiegazione. Oppure devo assolutamente farmi curare da un medico bravo. Dormi Ranma, dormi. Non ci riesco, non ci riesco. Serro le labbra. Perché non esiste un modo per spegnermi la testa maledizione?



    Fine Primo Capitolo.
     
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  2. **InUNoE92**
     
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    xD
    Ranma ha le visioni?o.O
    Peveriinoo, troppe botte in teste devono avergli fatto male a lungo andare,xP.
    Questa Ff, però, credo di averla già letta...
    Umh...
    Per caso è stata pubblicata su Manganet?
    Molto carina, comunque, e ben scritta, molto ben scritta. Aspetto il seguito. ^_-
     
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  3. Ery_chan
     
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    Si su manganet ed efp.
    ^_^ grazie per i complimenti.


    Secondo chapterrrrr

    Capitolo Secondo :
    Sono pazzo. Ora ne ho le prove.




    E’ mattino. Oserei dire , finalmente. Non so esattamente dove mi arrivino le occhiaie. Chi ha dormito stanotte? Mio padre sicuramente, dacché tutto estasiato si è messo ‘stranamente’ a compiere strani kata mattutini in giardino.

    Io mi ritrovo, come ogni santa mattina a questa parte, seduto centralmente al tavolinetto disposto nella zona ‘cibo’, come la chiamo io. Lo sguardo, decisamente basso. Vorrei seppellirmi. Mi guardano tutti, chissà perché. Una vena, comincia a pulsarmi tremendamente sulla fronte. “Sentite, sono forse un fenomeno da baraccone?” commento acido, mentre gli occhi del resto della famigliola Tendo sono tutti puntati verso di me.

    “Ranma-kun, sembri così stanco. Hai avuto qualche problema stanotte?” chiede cortesemente Kasumi, lasciandomi scivolare sul piatto altro riso, per pietà, diciamolo. Sembro un cadavere stamattina. Rispondo con un cenno di diniego del capo. Non ho voglia di parlare ‘della mia notte’. Ecco che giunge anche quel vecchiaccio di Happosai che comincia con le sue solite richieste insane. “Puoi provare questo vero? Sono sicuro che ti starebbe benissimo farfallina mia” distorco le labbra in un’espressione piuttosto schifata. Farfallina mia? “Zitto vecchiaccio” emetto piuttosto alterato, sferrandogli un cazzotto in pieno volto. Devo sbrigarmi a mangiare, non ho voglia di incontrare Akane oggi, dopo la cazzata che ho detto stamattina sarebbe capace di frantumarmi vivo. Mi sollevo, chinando appena il capo. “Gomen ne, io vado”. Prendo baracche e burattini uscendo velocemente dalla stanza.

    “Ranma” la voce di Soun tuona imperiosa nella stanza. Oddio. Ha scoperto tutto, sono morto. Serro le palpebre, preparandomi a ricevere una scarica di ceffoni, quando invece mi porge il pranzo amorevolmente. “Tieni. Te ne stavi dimenticando” squittisce con gli occhi scintillanti. Che hanno tutti oggi? Sono pazzi? Scuoto il capo, afferrando il contenitore del pranzo. Ora posso andare? Grazie.

    “Akane dov’è?” mormora Nabiki, spezzando le bacchette della colazione. Io deglutisco, tentando di svignarmela. “Ranma tu sai qualcosa?” ecco, afferrato al lazo dalle parole di quella fissata. Potevi stare zitta? Non sono la sua guardia del corpo, che ne so dov’è Akane. Vorrei rispondere così ma, nell’istante in cui apro la bocca per emettere un qualcosa,eccola che compare all’ingresso, lanciandomi uno sguardo che non promette nulla di buono. Quando incontro i suoi occhi, immediato, tento di distogliere la visuale repentino. Guardarla mi ricorda…mi ricorda. Oddio no, vi prego. Ecco di nuovo quell’immagine che mi assalta la mente. Arrossisco nuovamente, in modo involontario. Devo uscire di qui, prima che quella racchia vuoti il sacco.

    “A dopo” proferisco spiccio, filando verso l’ingresso come un pazzo. Ho il respiro appesantito, anche troppo. Perché capitano tutte a me? “Ranma” eccomi chiamato in causa nuovamente. E’ lei, posso sentirne lo sguardo posato sulla mia schiena, decisamente tedioso. Presente il marchio che pongono alle bestie nei ranch? Ecco, in questo momento è come se un marchio incandescente mi stesse flagellando la pelle. “Cosa?” rispondo basso, molto basso, quasi inudibile nel tono. “Niente” secca, mi aggira sollevando il capo piuttosto adirata. Ci credo, con la proposta che le ho fatto ieri sera anche Ukyo o Shampoo mi avrebbero ignorato. Uhm, no, non ci giurerei. Devo chiederti esplicitamente di fare l’amore con me? Ah. Basta. Quella frase. Sbarro gli occhi, tentando di levarmi quel disco rotto dalla testa. Niente. Ho l’impressione che sarà una giornata molto lunga.



    Il percorso da casa a scuola non mi è mai parso così lungo. Lei che cammina distante da me di qualche metro. Io che tento di tenermi in equilibrio sulle inferriate della recinzione. Tutto normale, od almeno così sembrerebbe. Il mio sguardo cade sulle sue gambe, involontariamente, s’intenda. Da stamattina non riesco a togliermela dalla testa, quel lenzuolo che scivolava la sopra, con una lentezza esasperante e … e… Basta maledizione! Perdo l’equilibrio cadendo dall’altra parte della recinzione. Ecco, ci mancava solamente che mi trasformassi in ragazza proprio ora.

    “Oggi sei strano lo sai?” la voce di lei blocca le mie azioni di risalita in un batter d’occhio. La fisso, mentre la frangetta cremisi mi ricade dinanzi agli occhi confusa. “Bah, lasciami in pace” rispondo con stizza, sollevandomi e tornando finalmente coi piedi per terra, in entrambi i sensi. Certo, è stupido pensare Akane come qualcosa di differente da un maschiaccio. Si ferma, aspettando che io mi avvicini volontariamente. Mi blocco. “Che c’è?” la fisso piuttosto interrogativo, dal mio punto di vista che ora s’è abbassato alla sua altezza. “Cosa ci facevi stanotte in camera mia?” mi domanda curiosa, stranamente, il suo volto non è più traversato dalla rabbia. Porca miseria. Colpito e affondato in meno di cinque secondi da una stupida domanda. “I…io, avevo, cioè sentito il tuo…tu che dicevi che…” abbasso lo sguardo, tentando di evitare il contatto diretto con gli occhi di lei. “Dicevo cosa?” si avvicina, protraendo la destra contro il mio volto da ragazza. Lo carezza docilmente. “Akane?” sollevo lo sguardo tempestivo, irradiato nuovamente da quella sensazione. “Forse, ti dicevo che … voglio… fare…” oddio no, non continuare ti prego. Scappo, decisamente, indietreggio di quattro o cinque passi indietro. “Cosa stai facendo? Sono una ragazza, in mezzo alla strada queste cose potrebbero essere prese a controsenso non credi?” la rimprovero, come se in me fosse scattata una strana molla. “Credi che me ne importi qualcosa? Per me, sei sempre un ragazzo”. Ci credete che questa frase mi ha spiazzato completamente? A lei, non importa che io sia trasformato o meno. E ci ricado con tutte le scarpe, bloccandomi come un povero imbecille davanti a lei. “T…tu” ecco, ricomincia il telefono senza fili. “Baciami” mi intima. Si avvicina. Dischiudo le labbra per dire qualcosa ma non esce nulla, di nuovo. Poggia entrambe le mani sulle mie spalle, ora può, data la mia altezza femminile, avvicinando le labbra alle mie, lentamente, un istante che sembra moltiplicarsi, scandito al ritmo del battito cardiaco. Mi fossilizzo nuovamente, rimanendo immune ad ogni schema mentale. Socchiudo le palpebre. Oddio. Oddio.Oddio.

    “Ti sei innamorato dell’inferriata?” la voce di lei mi distrae nuovamente dall’illusione. Do una testata tremenda alla recinzione che stavo per baciare. Ma cosa. Di nuovo? Dei, devo stare proprio male per farmi questi viaggi mentali. Comincio a pensare che Kasumi metta nel cibo qualche dose di Lsd per farlo apparire più buono. Scuoto il capo, che figura. Per di più, ad osservarmi, si sono radunati anche Kuno e Kodachi, il primo decisamente dilettato dalla mia figuraccia, la seconda, compassionevole che tenta come sempre di ‘accalappiarmi’. “ Lasciami in pace!” ringhio saltando da una parte all’altra della strada. “Vieni qui, Ranma, amore mio!” mi insegue, facendomi inevitabilmente allontanare da Akane. Perfetto, ora, anche durante il giorno ho le illusioni. Andiamo bene. Basta, ho deciso. Dopo la scuola me ne vado un po’ da Tofou, si sa mai. Nel frattanto vedo Kuno volare dall’altra parte della città dopo un calcio di Akane ben piazzato sullo stomaco. Quella donna mi fa paura a volte. Mi osserva stranita, solleva un sopracciglio e si allontana. “A-Akane aspetta un second…” accidenti, Kodachi mi afferra per la vita strizzandomi come un limone. “Vuoi levarti dalle scatole?” le ripeto tentando di spostarla da me. Peggio di una sanguisuga questa mora. Sbuffo, ormai arresomi all’idea di dover abbandonare l’idea di spiegarmi ad Akane. Spiegare poi cosa? Che da stamane faccio pensieri ‘strani’ su di lei? Mi ammazzerebbe. Devo scoprire l’origine di questa momentanea follia.



    Non ho seguito nulla. Come al solito, è di abituale routine oramai. E’ l’ora di pranzo e come un deficiente ho lasciato il cibo all’ingresso di casa. Cretino. Il cortile è gremito di gente. Ecco, un po’ di relax finalmente. Mi distendo sotto l’albero centrale che si staglia in corrispondenza dell’edificio scolastico. Ho un sonno. Chiudo gli occhi per qualche istante, giusto il tempo di riposar…zzz. “Ranma, tesoruccio” questa voce. No, è esasperante passare ogni giorno così però. Shampoo mi sveglia dal sonno, facendomi sobbalzare. “Cosa c’è?” rispondo quieto, che seccatura. “Ti ho portato un bel pranzetto, fatto apposta per te amore mio” mi sorride maliziosa, come se non sapessi che dentro questa cosa c’è sicuramente qualche pozione od intruglio per farmi innamorare di lei. “Non ho fame, grazie” non è da me rifiutare così un piatto di Onigiri così invitante. “Dai. L’ho fatto con tanto amore” ripete, tentando di ficcarmelo in bocca a forza. “Non insistere dai” continuo piuttosto seccato. Niente da fare. Non si scolla nemmeno a pagarla. “Va bene, va bene” solamente perché ho fame, tentar non nuoce. Sorride soddisfatta, mentre mando giù l’ultimo boccone. Posso ritenermi sazio.

    “Ora mi ami?” mi chiede innocentemente. Lo sapevo io, dannati intrugli cinesi. “Ehm.” Sinceramente non sento alcun cambiamento effettivo. “Se ti innamorerai di me ti rivelerò un modo per tornare ragazzo, completamente” cosa odono le mie orecchie? Ragazzo? La lampadina delle idee s’accende repentina in testa. Potrei dubitare di lei, sapendo che ogni qualvolta mi ‘convince’ d’avere un qualcosa che possa farmi tornare normale, mi tira un bel bidone ma, purtroppo la mia attuale situazione non mi permette di scansare eventuali probabilità. “C…certo che ti…a…” mi blocco sempre, tenta di essere più naturale Ranma. “Certo Shampoo, amore mio” ecco, questa frase mi riesce decisamente meglio. Non sono molto bravo a fingermi un sentimentalone. Lei mi salta al collo decisamente euforica. “Si! L’infuso della scelta ha fatto il suo effetto. Ho sempre saputo che nel tuo cuore ci sono sempre stata io”. Inarco un sopracciglio, filtro di cosa? Sollevo le spalle. Mah, l’importante è che non abbia funzionato. “Baciami” mi sussurra avvicinandosi. Dei, no. Questa probabilità non l’avevo minimamente contata. Indietreggio appena, scivolando sul terreno sottostante. “S…Shampoo, amore mio, non sarebbe meglio farlo altrove?” quanto sarò cretino da uno a cento? Lei annuisce desiderosa,prendendomi per mano. No, cribbio. Dove vuole portarmi ora?

    Terrazzo della scuola, ore 14.30.

    Ecco, ho fatto un'altra cazzata. C’è un giorno nel quale farò qualcosa di giusto? Immagino di no. Lei è dinanzi a me, con le labbra protese decisa a ricevere il suo premio ed io – devo fingere – d’essere sotto l’influsso di quel maledetto intruglio. Cosa fare?

    “Cosa c’è? Non ti va di baciarmi?” improvvisamente, all’immagine di Shampoo si sovrappone quella di Akane. Nuovamente, come questa mattina. E’ così…così. No. Non devo farlo! Non devo nemmeno pensarci. Porto entrambe le braccia ad allontanarla da me ma, stranamente i muscoli non rispondono al rigetto. Mi lascio avvicinare senza problemi, come un pupazzo. Chiudo gli occhi, nell’esatto stesso nel quale ho l’impressione di ricevere un bacio sento un bruciore intenso alla guancia destra, improvviso e pulsante, come una scarica d’adrenalina impellente. “Ma cosa”. Ecco, dinanzi a me ora – c’è la vera Akane. Shampoo ha spiccato un breve salto sul cornicione, ed io, come al solito mi ritrovo con cinque dita ben piazzate sulla faccia. Sollevo la mano per sfiorare la guancia dolorante. “Sei impazzita maledizione?” le ringhio contro, è furiosa, le si legge in volto. “Cosa stavi per fare eh?” mi rimbecca, livida di rabbia, le gote le si sono arrossate in modo tremendo e gli occhi, lucidi, non promettono nulla di buono. “Io, non stavo facendo nulla. Sei tu che mi hai chiesto di ba…” un attimo. Lei? No, era Shampoo. Deglutisco. Sto seriamente dando di matto, ne sono convinto.

    “Di?” continua lei, pronta ad avventarsi nuovamente su di me come una furia. “Io credevo che tu…che lei…che io…” seh, e babbo natale con le renne. Non mi lascia continuare, è in partenza diretta un altro schiaffo per Ranmopoli. Istintivamente le blocco la mano. Inarco le sopracciglia deciso a chiarire la mia situazione di poc’anzi. “Sei manesca, lasciami spiegare almeno”. Lei si divincola, sotto lo sguardo perplesso di Shampoo. “Lasciami brutto deficiente, non devi spiegarmi un bel niente, non mi interessa cosa tu stessi facendo con lei. Puoi fare ciò che vuoi” urla, tentando di respingermi nuovamente. “Se non te ne importa perché mi hai schiaffeggiato?” silenzio. Non sa cosa rispondere, ti ho messa alle strette eh? Un sorrisetto di malizia mi traversa le labbra, certo. E’ gelosa, non c’è altra spiegazione. Mi osserva muta, ora ha smesso di agitarsi. Improvvisamente, una strana sensazione mi coinvolge in modo completo come se … sentissi di dover fare qualcosa. Mi protraggo appena in avanti, istintivo, automatico, come se al posto di Akane vi fosse una calamita. In questo momento, potrei anche suicidarmi. L’ho fatto. Stringo il braccio di lei ulteriormente, poggiando la mancina libera sulla sua spalla. La attiro contro di me con un gesto meccanico del braccio premendo le labbra sulle sue . Stop. C…che diamine ho fatto? Lei rimane immota. Shampoo tra poco non perde l’equilibrio per cadere di sotto. Il mondo, per un istante, smette di girare. Sono un idiota vero? A quanto pare no, la mano di lei, scivola contro la mia spina dorsale, procedendo dall’alto in basso in sottili carezze con l’indice. P…perché mi piace così tanto questa sensazione? Non si arrabbia, anzi, schiude le labbra per lasciarmi libero accesso all’interno della bocca. Cosa faccio? Non sono mai stato così diretto in vita mia. Niente, semplicemente rispondo al suo invito lasciando sfuggire la lingua alle mie labbra per saggiare le sue. Una sensazione che io non…che…io non…

    “Ahhhh” mi sveglio di soprassalto, ancora sotto quell’albero. Il respiro è del tutto knock out. Oddio, oddio, oddio di nuovo? E’ un vizio allora. Presso le spalle contro l’albero, strisciando in posizione fetale. Inarco le sopracciglia arrossendo violentemente. Basta con questi pensieri, basta, basta, basta. Poggio il capo al tronco , scivolando indietro con la testa. Un sospiro. Rimango immobile ad osservare le fronde smuoversi repentine al vento. Torno serio ora. Perché sta succedendo tutto questo? Possibile che lei sia così presente nei miei pensieri ultimamente da farmi ‘sognare ad occhi aperti’? Non saprei se definirli incubi invece. Eppure, quel bacio, quelle parole, quelle carezze a me…sembravano così vere. Nah. Scuoto la testa, Akane è tutt’altro che femminile. “E poi è una kawaiikune priva di sex appeal” sbuffo, annuendo ripetutamente per auto convincermi. Se solamente avessi tenuto la bocca chiusa. “Cosa sarei io?” un’Akane incazzatissima si para dietro di me, innalzando quel kii violaceo attorno al corpo che non promette nulla di buono. “I…Io…aspetta” certo, è semplicemente un altro sogno – ciò che devo fare è attendere che lei si calmi e che mi baci o roba simile, oramai posso controllarmi. Mi distendo con la gamba destra, poggiando entrambi gli avambracci dietro la nuca. “Su, fai quello che devi fare. Vuoi portarmi a letto? Baciarmi? Seviziarmi? Fa pure…”. Chiudo gli occhi attenendo il responso.

    “COSA?” ecco, il problema è che stavolta non credo sia effettivamente un sogno. Un calcio, di quelli che riceve solamente Kuno, vola diretto in corrispondenza dei miei poveri gioielli. “Io non sono una ninfomane come te, brutto pervertito!”. Ahio. Non la sento al momento, sono troppo occupato a massaggiarmi la parte dolorante, nel momento in cui ho ricevuto il calcio, solo gli dei sanno quanti ne avrò tirati giù. “Pazza. Ma sei scema? Cretina, rincoglionita” la insulto in tutte le lingue, concedetemelo, provate voialtri a saggiare un calcio di Akane in mezzo alle gambe, poi me lo ridirete. Mi rotolo sul terreno come un baco, contorcendomi dal dolore. Voglio i miei nemici, dove sono? Perché oggi non c’è nessuno scassa maroni nell’arco di venti chilometri? “Non ti facevo così. Mi hai deluso Ranma, credevo tu fossi tutto tranne che un maiale di questi livelli” mi urla contro.

    “Aspet…ahio…non è come cred…ahio” niente, è scappata. Non posso nemmeno inseguirla a causa dello ‘spacca noci’ che mi ha tirato poc’anzi. Povero me. “Akane aspetta!” al diavolo. Mi sono rotto di darle spiegazioni, mi sono rotto altamente di dover sempre subire le sue sfuriate. Non è colpa mia se sono affetto da un morbo incurabile. Sto per morire? Ho la scabbia, la tubercolosi? Un cancro?

    Basta, devo farmi controllare.

    Studio del Dottor Tofou, ore 17.00.

    “Non hai assolutamente nulla Ranma, stai benissimo. A parte quel piccolo incidente” sorride nervosamente indicando le mie mani ancora parate laggiù. “Sicuro che non ho nulla mentalmente parlando? Mi dica che ho una malattia incurabile la prego” lo supplico nel vero senso della parola. Non voglio pensare che tutte quelle fantasie siano frutto reale della mia immaginazione. “No, ragazzo mio. Piuttosto azzarderei un’ipotesi…” mi sussurra di soppiatto avvicinandosi lentamente al mio orecchio. “Si?” mi avvicino anche io, magari mi da un antidoto per guarire. Spero vivamente sia così.

    “Non è che, ultimamente passi molto tempo chiuso in bagno vero?” lo osservo stranito. “In che senso in bagno?” non capisco proprio a cosa si riferisca. “Beh, mi stai parlando di ‘fantasie’ di un certo tipo. Alla tua età penso sia normale, sai, a diciotto anni i ragazzi sentono il bisogno di dover avere ‘contatti’ maggiori con l’altro sesso e…”. Gli tappo la bocca con entrambe le mani. “Non continui” se avesse detto qualcos’altro in merito l’avrei preso a cazzotti. La mia faccia ha assunto sette colori diversi in meno di due minuti. “Non dica scemenze” lo rassicuro. Contatti con Akane? Per carità, preferirei avere incontri ravvicinati del terzo tipo piuttosto.

    “Anche se in effetti…Akane…” odio pensare ad alta voce. Il dottore volteggia sulla seggiola una o due volte. “Oh dei del cielo, ragazzi miei, siete già arrivati a quel punto? Capisco allora la tua preoccupazione. Mi raccomando…” sfreccia nello studio per poi tornare immediato e ficcarmi tra le mani qualcosa. Annuisce aggiustandosi gli occhiali con l’indice “Non vogliamo dare eredi alla famiglia Saotome così presto, vero?” mi sorride sornione. Deglutisco, ho paura di guardare ciò che ho in mano. Chino lo sguardo appena, gettando quei cosi contro il muro quasi mi avesse appena regalato un cobra. “Ma cosa diamine si è messo in testa?” ma guarda cos’è andato a pensare questo qua. “Ranma! Il sesso non protetto è pericoloso!”. Mi rimprovera. Ma che sesso e sesso, non sono mica rimbecillito sino a questo punto. Decisamente imbarazzato lascio lo studio. Intasco le mani ed avanzo. Preservativi ma, si potrà pensare ad una cosa del genere? Io e lei nemmeno ci siamo mai baciati, figuriamoci se…

    Rieccomi a pensare a quel bacio, ancora. Io – ho – effettivamente immaginato quel che il dottore ha pensato, mi sono spinto un pochino troppo con la fantasia direi. Sarà il caldo. Certo, a novembre fa un caldo assurdo, vero Ranma? Devo mettere fine a questa storia. Altrimenti rischierò d’impazzire.

    Rientro a casa. Deserto. Dove sono spariti tutti quanti ora? Mah, cavoli loro. Vorrà dire che andrò ad allenarmi un po’, giusto per evitare questa malattia. Raggiungo il dojo, lasciando scivolare i vestiti lungo il corpo. Che palle. Stringo la cintola del karategi strozzando la vita. Ho bisogno di distrarmi. Socchiudo le palpebre aprendo la porta a soffietto del dojo, per entrare in palestra.

    Quando faccio per iniziare, ecco che dinanzi a me si para la mia maledizione. “Oddio…” mi limito ad un sussurro. Lei solleva lo sguardo verso di me, irritata. “Cosa c’è? Hai intenzione di chiedermi nuovamente cose Hentai?” mi osserva di sbieco, colpendo l’aria con un calcio ben serrato. In quell’istante mi immagino al posto dello spazio d’aria colpito e, non posso far a meno di parare i gioielli con la mano. “Tranquillo, non ho intenzione di arrabbiarmi ancora” la tonalità della voce è cambiata, ora pare abbastanza delusa. Reclino di poco il capo verso destra, osservandola meglio. Per un istante, l’iridi scure di lei subiscono una breve interruzione – ho avuto l’impressione che vi fosse paura nel suo sguardo. Mi avvicino d’un passo. “Akane, per oggi io…” si allontana.

    “Ti prego stammi lontano” mi blocco. Cosa? Perché vuole che non mi avvicini? Pone le mani dinanzi al corpo, quasi dovesse difendersi da un nemico. “Ma Akane io…” ripeto muovendo di nuovo un passo in avanti. E’ assurda questa cosa, che le prende? Nei miei ‘sogni/incubi’ lei fa di tutto per avvicinarsi a me, mentre nella realtà…

    “Vattene!” ripete quasi urlandomi contro, trema ora, un po’. Nemmeno io l’avessi appena violentata. “Scusa se volevo chiederti scusa, come al solito hai frainteso tutto. Sei una stupida” ringhio allontanandomi dal dojo, violenta, antipatica e per giunta decisamente poco attraente, proprio lei dovevo beccarmi come fidanzata? Poi, non stiamo assieme, non siamo mai stati insieme e mai ci staremo. “Ranma…” mi volgo appena “Cosa vuoi ancor…A…” deglutisco. Cosa sta facendo?

    “Scusami, non volevo trattarti così… puoi perdonarmi?” proferisce seducente mentre comincia a slacciare l’obi del karategi. “Dei…” non dico altro, perché so come andrà a finire tanto. Si avvicina, lasciando scivolare sulle spalle la stoffa bianca. “Akane!” la rimbecco tentando di coprirmi gli occhi, inutilmente. Istinto contro razionalità ora. Il sangue comincia a correre all’impazzata all’interno del corpo, lo sento ribollire nelle vene. Chiudi gli occhi Ranma, chiudili. “Allora? Ti sembro ancora una ragazzina priva di sex-appeal?” chiede togliendo la parte superiore della veste. Caz… non mi ero mai accorto di quanto lei fosse, così, diciamo … prosperos… ma ce diavolo vado a pensare? “Copriti! Copriti dannazione!”. Mi volgo togliendo la parte superiore del karategi, lanciandogliela. “Non ho intenzione di rimanere ad osservarti mentre fai la stupida. Seppur ci tenga a te, non potrei mai approfittarne in questo modo” davvero dalle mie labbra sono uscite queste parole? Lei mi osserva, rimanendomi di spalle. Rimane silenziosa mentre l’iridi cominciano a guizzargli all’interno delle palpebre commosse. “N…Non intendevo che…non credere che io, intendevo che…” lei si avvicina. “Ranma, mi ero sbagliata su di te” sento le sue braccia avvolgermi la vita, salendo e scendendo in movimenti circolari lungo l’addome. Deglutisco, dove ho già sentito questa sensazione? Il volto di lei poggia sulla mia schiena ora, così il seno che comprime su di essa. Arrossisco, quante volte l’avrò fatto oggi? Bho.

    “Eppure io ti desidero così tanto…” continua scendendo maggiormente con la mancina, diretta, molto in basso. “N…No Akane” le blocco la mano, seppur con estrema riluttanza. “Perché fai così? Tu non sei tu, insomma, io non voglio un’ Akane così, voglio il maschiaccio di sempre. Mi spaventi”. La osservo serio stavolta. “A…anche io…ti…desi…”.

    “R…Ranma?” certo, lo immaginavo, un altro sogno. Oramai è abitudine, dove mi colpirà stavolta? Mentre formulo tali pensieri, nemmeno mi rendo conto d’essere così vicino a lei. “Pensi davvero ciò che hai detto?” mi sussurra aprendo un sottile sorriso sulle labbra. “Eh? Che ho detto?” quando mi guarda così, non c’è nulla di buono da aspettarsi. “Hai detto che tieni a me e …” arrossisce, abbassando lo sguardo imbarazzata. Rimango di sasso. Perché! Perché tutte a me? “I…Io…vedi…non intendevo…ciò che…cioè…” perché ultimamente so semplicemente balbettare? Ok, la prossima volta che passo davanti ad una libreria acquisto un vocabolario,seduta stante.

    “Ah, non intendevi ciò che hai detto vero? Certo, che stupida, dunque… non è nemmeno vero che mi desideri” mi osserva inarcando le sopracciglia. I…io le…ho…detto…che la…posso svenire? Posso? Rimango muto. Ora, ho la ferma convinzione che quando mi trovo nei paraggi di Akane e comincio a ‘fantasticare’ non ho la più pallida idea di quel che succede nella realtà. Rischio di dire o fare cose che nella realtà si ripercuotono negativamente. Ora che faccio? “Certo. Lascia perdere, oramai sono abituata ai tuoi scherzetti. Cosa mai potrei aspettarmi da te? Nulla. Perché, sono semplicemente una forza della natura antiestetica e non femminile giusto? Non c’è bisogno che tu me lo dica, lo so”. Il suo discorso mi lascia perplesso. Guardandola negli occhi, in questo momento mi sento un verme con la V maiuscola. “Io… non credo che tu sia… ciò che hai detto… lo dico… perché…perché io Akane…” nel momento clou, puntuali come orologi svizzeri ecco giungere di gran lena tutta la famiglia Tendo, Panda compreso con tanto di cartello con su scritto ‘Volete una stanza tutta per voi?’. Soun, tutto contento s’affaccia dinanzi a tutti, aprendo le mani al cielo, nemmeno fosse al cospetto di un miracolo. “No ma, continuate eh! Fate finta di nulla” ovviamente mio padre ci mette l’asso di picche, facendomi perdere completamente le staffe. Ti pareva. Lancio un’occhiataccia a tutti quanti, nessuno escluso, sollevandomi astioso dalla mia posizione. “Niente, stavo appunto dicendo che sei semplicemente tutto ciò che hai detto, nulla di più e nulla di meno”. Concludo stizzito, aprendo e sbattendo la porta dietro di me. Iracondo, furioso, possibile debbano sempre mettersi in mezzo per una volta che cerco di dirle cosa provo per…

    Eh? Cosa provo per chi? We,we. Ranma caro, frena. Forse è stato un bene che siano intervenuti, stavo per commettere una sciocchezza spinto dalla compassione. Che cretino. Ridacchio tra me. Eppure, nell’istante stesso in cui lo faccio, ripenso alle ultime parole che ho detto . Niente, stavo appunto dicendo che sei semplicemente tutto ciò che hai detto, nulla di più e nulla di meno. Mi schiaffo una mano sulla faccia. Stavo cercando semplicemente di farle capire che infondo, io dico queste cose, semplicemente per… orgoglio.



    Fine secondo capitolo

     
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  4. **InUNoE92**
     
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    Bello anche questo!
    Mi piace il tuo modo di scrivere.*-*
    Aggiorna presto.^_-
     
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  5. Ery_chan
     
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    What i really want

    Capitolo Terzo : Un’eco dal passato, il ritorno di Annon.



    Spingo la testa sotto il cuscino, amareggiata. Confusa. Delusa. Non ti sopporto, sei sempre lo stesso, da due anni a questa parte. Stupido. Ancora le palpebre bruciano, sento il sapore delle lacrime sulle labbra. Mi nascondo maggiormente sotto le lenzuola. Odio piangere, odio tutto ciò che mi fa sembrare debole. Soprattutto, odio farlo per lui. Socchiudo le palpebre ora, lasciando correre lungo le guance le ultime stille di rabbia. Perché devi essere così stronzo. Lo penso spesso, rivolta alla tua sfacciataggine nel dirmi tutte quelle cattiverie, apri bocca e basta una frase per farmi uscire di senno. Ci provi gusto, non è vero? Stringo il cuscino tra le dita, scivolando sugli spigoli della stoffa. Sospiro. Inutile arrabbiarmi, inutile piangere. Se mi considera una bambinetta troppo violenta e priva di fascino, lo devo solamente a me. Non so comportarmi come una donna, non so essere una donna. Forse, perché non mi piace esserlo. Essere femminile, una parola che ho scoperto da poco, da quando Tu sei entrato nella mia vita. Ho provato ad apparire diversa da quel che sono, ho provato a mostrarmi un’altra, forse prendendo esempio da Ukyo o Shampoo. Non ci riesco, non sono capace di non essere me stessa. Dimmi, ti faccio così schifo se mi mostro come sono in realtà? Forse si. Eppure, sei sempre al mio fianco, sei disposto a rischiare il tutto e per tutto per salvarmi la vita. Forse sono un peso? Non ci avevo mai pensato prima. Abbasso lo sguardo.

    Un peso. Un leggero rumore mi distrae, eccolo come sempre sull’uscio della porta, il mio porcellino nero. Mi osserva con quegli occhioni tristi, prima di saltarmi accanto, accoccolandosi docilmente al mio fianco. Emette un suono strozzato, inevitabile non attrarlo contro il petto, per stringerlo. “P-chan. Sono una stupida vero?” gli chiedo. A volte mi sorprende, facendomi pensare che possa capirmi sul serio. Lui scuote il capo energicamente, emettendo un altro suono. Non devo piangere, devo trattenermi, devo essere forte. Non sono una mocciosa. E’ così strano, so di non provare assolutamente nulla per Ranma, eppure me la prendo per i suoi insulti. Una vocina in testa mi corregge. Sei sicura di non provare nulla? No. Lo odio, è testardo, cinico, imbecille e narcisista. Lo scemo. Il maialino mi squadra perplesso, quasi volesse scrutarmi dentro. Sorrido, uno dei miei tentativi sciocchi di sembrare felice. “P-chan, cosa c’è? Sei preoccupato per me piccolo? Sto bene, sul serio”. Lo osservo per un lunghissimo minuto, prima di scoprire che l’immagine del piccolo maialino nero è divenuta, improvvisamente poco nitida. Di nuovo in lacrime, si, sono proprio una bambina. “Non è vero P-chan, guardami. Ti sembra l’immagine di una ragazza forte la mia? Sono goffa, impacciata, insicura e per niente carina” mi limito, tirando su col naso. Lui mi scappa dalle mani, scivolando via come sempre. Sparisce. P-chan, mi abbandoni anche tu ora? Ormai nemmeno me ne rendo più conto, è un’abitudine essere abbandonata. Come fece all’altare lui, due anni fa. Il cretino. Il solo ripensare al matrimonio fallito, mi fa star male. Meglio concentrarsi su qualcos’altro. Ma cosa? Chiudo gli occhi, scivolando lentamente in un sonno leggero. Ho voglia di dormire, lasciatemi in pace.

    Un leggero picchiettare alla finestra. Un brivido lungo la schiena. Lancio uno sguardo alle imposte chiuse, non ho voglia di alzarmi. Nuovamente un tedioso picchiettio. “Cosa…” mi avvicino per aprire la finestra scorrevole, quando dall’alto, ecco sbucare quella fastidiosa faccia. “Vattene” mi limito richiudendogli la finestra sul naso. “Ahio, ma sei diventata pazza?” ringhia dall’esterno, mentre il suono del suo rimprovero appare ovattato attraverso le finestre spesse. Rimane la, appeso come un salame ad osservarmi e massaggiarsi il naso contemporaneamente. Socchiudo le palpebre, tremando furibonda. Sento le spalle, le braccia, le gambe smuoversi in un formicolio lento. Avrei voglia di picchiarlo di nuovo, se non fosse per il mio buon senso che talvolta s’affaccia anche da me. “Aprimi” mi rimbecca, incrociando le braccia al petto. Nemmeno morta. Sollevo il naso, emettendo un ‘Tsk’ stizzoso. “Per me, puoi rimanere la fuori anche tutta la notte se vuoi”, rispondo a tono, tornandomene seduta sul ciglio del letto.





    Stupida. Serro le palpebre lasciando uscire la lingua dalle labbra, un gesto infantile la linguaccia ma che mostra esplicitamente tutto ciò che ho da dirle. Ero venuto sin qui con la chiara intenzione di scusarmi, per una volta, adesso col cavolo che lo farò. Scema.

    Sospiro. Gli avvenimenti di questi ultimi giorni mi hanno lasciato un retrogusto amaro in bocca, non riesco a non vederla sotto ‘quella luce’. Quale? Esattamente quella che ho rinominato ‘L’Happosaipica versione di me’. Scuoto il capo, non ci sarà verso di entrare in questa stanza, a meno che io non distrugga la finestra ma, non ci tengo affatto ad essere punito doppiamente da figlia e papà Tendo. Spicco un salto per raggiungere il tetto. Mi siedo sul margine, assumendo la classica posa da pensatore apocalittico. Mano sotto il mento, ginocchio destro sollevato contro il petto e il sinistro lasciato giù, a penzolare libero a mezz’aria.

    “Sai che sei un bel soggetto?” una voce ben conosciuta mi sorprende da dietro. Oddio, il ritorno del maiale due, la vendetta. Ryoga se ne sta in piedi dietro di me, a braccia incrociate e con quello sguardo furbetto di chi la sa lunga. Lo so, non ho bisogno di voltarmi. Ha sempre quell’ebetica espressione in volto, si è mummificato così quando nel passato lo hanno chiuso nel sarcofago.

    “Sono le undici passate, mi spiace, sei in ritardo per il the coi pasticcini, prova a Londra” lo canzono smuovendo la testa da un lato all’altro, imitandogli l’espressione. Lui si avvicina innervosito “Cosa vorresti insinuare?” mi si pone dinanzi per farsi guardare. “Toh, Akane non ti ha vestito da Barbie ancora? Ti conviene andare, altrimenti perderai il congresso delle bambole”. Oggi sono acido, anche troppo. Lui resta calmo, stranamente. “Si, prendimi in giro quanto ti pare. Lascia stare Akane però, credo che tu la faccia star male anche troppo”, stavolta è serio. Io alzo lo sguardo in modo repentino, lasciando cadere il capo in avanti per aver distolto troppo in fretta il braccio dal mento. Ci manca poco che questo prosciutto ambulante non mi faccia cadere di sotto. “Cosa intendi dire?” stavolta incrocio il suo sguardo, appare malinconico. Oddio, vuoi vedere che comincia con uno dei suoi sermoni col suo immenso amore per Akane? Tre…due…uno…

    “Non sopporto di vedere la persona che amo di più al mondo ferita” ti pareva. E’ il solito. Scommettiamo che so anche di chi è la colpa della ‘tristezza di Akane?’ ari tre, ari due, ari uno…

    “E la colpa è solamente tua, Ranma” ovviamente. Di chi se no? Inarco il sopracciglio destro, sbuffando un poco. “Sai che chi si fa i cazzi suoi campa cent’anni? Se continui di questo passo domani troveremo un manifesto all’obitorio col tuo nome” ridacchio sarcastico. Avanza prendendomi per il colletto della casacca. “Fai il simpatico ma tu, non vedi le sue lacrime, non hai la più pallida idea di quanto lei stia male a causa tua, stronzo”. Nei suoi occhi vedo l’inferno, sul serio, non li ho mai visti ardere così tanto di rabbia nei miei confronti. In questo momento, devo aver aperto appena le labbra per parlare ma, non ne è uscito nulla. Ho piegato le sopracciglia verso il basso stavolta, devo avere una vaga espressione di malinconia ora. Abbasso lo sguardo come un cane. Perché deve sempre darmele lui queste notizie? Mi lascia ricadere indietro, non lo sento nemmeno, il colpo alla schiena. “Beh, cosa dovrei farle io? Non sono mica suo marito” emetto debolmente, ripulendomi le gambe dalla polvere.

    “No ma sei il suo fidanzato” emette secco. Dei, quando Ryoga viene a dire ‘a me’ di essere il ragazzo di Akane, un brivido freddo m’attraversa costantemente le spalle, sempre. Significa che stavolta è realmente deluso. “Io, non sono nella condizione di poterla consolare, lei, non mi vede neanche in forma di Ryoga ma tu… tu che puoi starle accanto ogni giorno dovresti esserne contento, dovresti dirle ogni giorno quant’è bella , quanto sia dolce, quanto sia donna. Non quanto sia maschiaccio o quant’altro. Come fai a vederla sotto questa luce? Come fai a vedere quell’angelo in questo modo? Nemmeno ti rendi conto quanto tu sia fortunato …” conclude, lasciandomi di sasso per una frazione d’istante. Abbassa lo sguardo stringendo i pugni lungo i fianchi. “Non hai idea, nemmeno la più vaga idea di cosa si provi a vedere la persona che ami piangere per un altro… vorrei solamente che tu potessi provare questo dolore almeno una volta”. L’ha detto realmente? Lo osservo perplesso stavolta. “Perché allora non ti dichiari e mi lasci in pace?” sbotto incrociando le braccia al petto. Lui si arrabbia maggiormente, tentando di colpirmi con forza. Schivo l’attacco facilmente.

    “Sei ostinato.” Lo dice con tanta veemenza da spaventarmi quasi “Lo giuro davanti a te, pregherò ogni giorno affinché Akane si innamori di qualcun altro che non sia tu. A costo di vederla con un altro. A costo di perderla. Spero davvero che non sceglierà te come marito, la faresti solamente soffrire” detto questo spicca un balzo, lasciandomi immobile dinanzi all’ombra della sua presenza. “Cosa vuoi che me ne… importi…” l’ultima parola scivola via come riverbero della prima parte della frase. Abbasso lo sguardo, cedo sotto il peso del corpo, divenuto insostenibile. Mi siedo. Cosa c’è di sbagliato in me? Perché ogni volta che dico qualcosa, dalle mie labbra, escono semplicemente parole errate? Non volevo farla star male. Non volevo davvero. Tormento il labbro inferiore. Cosa faccio? Non mi vuole nemmeno vedere. Aspettare mi corrode, andare da lei non se ne parla. Il mio orgoglio. Non riesco a pensare ad una soluzione corretta. Spero davvero che non sceglierà te come marito, la faresti solo soffrire. Dei, ha ragione. Mi pesa ammetterlo ma, io non so far altro che farla star male. Forse… se fossi più carino con lei, ogni tanto. Se ci riuscissi almeno. Se, però, dovesse davvero trovare qualcun altro? Altri. Cosa me ne importa infondo? Per me lei può mettersi con chiunque, non siamo legati da nulla. Già. Tsk, vorrà dire che convincerò papà a disdire il fidanzamento.

    “No”.

    Lo dico ad alta voce, chissà perché poi. Mi secca ammetterlo ma, non credo sopporterei qualcun altro al mio posto. Il mio posto è con Akane? Disorientato. Confuso. Ultimamente lei è troppo presente nei miei pensieri, temo questo. Quelle strane fantasie miste a ‘qualcosa che non so spiegarmi’. Cosa c’è in me di sbagliato? Cosa c’è? Porto entrambe le mani a coprire il capo, a pigiare sulle tempie così forte da farmi male. Basta, non voglio più pensare. Questo dilemma mi sta uccidendo lentamente. Distendo completamente la schiena sulla superficie del tetto ora, portando entrambe le braccia sotto il capo. Chiudo gli occhi. Silenzio.



    Pochi passi ancora. Accidenti, sto cominciando seriamente ad odiare l’inverno. Scrollo le spalle appena, smuovendo da destra a sinistra il collo. Eccola, deve essere questa. Abbasso lo sguardo sulla mappa, perfetto. Mi fermo, indeciso. Cosa dirà? Dopo tutto questo tempo. Stringo le labbra, discostando col piede il fogliame secco ammucchiato dalla parte destra dell’abitazione. Voglio davvero entrare? Un respiro profondo, mentre dentro, un improvviso senso di vertigine m’accoglie – proprio come tre anni fa, quando me ne andai. Le dirò, bah, probabilmente non dirò nulla. Sollevo l’ampio manto che copre le spalle, ponendolo dinanzi al busto. Deciditi Annon, altrimenti farai notte. Sollevo il capo, lasciando ricadere parte della frangia albina su d’un lato. Forza e coraggio. Alzo la mano, battendo le nocche sull’ampio portone in legno massiccio. Deglutisco ancora, oggi non ho nemmeno avuto bisogno di bere – ho ingollato talmente tanta saliva da far invidia ad un cammello.

    “Si?” reclino il capo, mentre lentamente la porta s’apre cigolante. Cosa ci faccio qui? Voglio tornare indietro. In testa, vorticano sin troppe proibizioni – desidererei fare retro front se, dinanzi a me non comparisse sorridente la figura di Kasumi. E’ lei ne sono certo, non è cambiata per nulla dall’ultima volta. Arrossisco appena, abbassando lo sguardo. “Ehm. Ciao…” posiziono la mancina dietro il capo, in questo momento, devo avere un sorrisetto decisamente ebete in faccia. Cretino. Lei mi osserva per un po’, prima d’ampliare ulteriormente il sorriso stampato sulle labbra. “Annon” mi riconosce con un guizzo timido negli occhi. “Da quanto tempo, entra caro” si sposta, concedendomi libero accesso all’abitazione. Ecco che parte il conto alla rovescia. Se io, svenissi? Nah, impossibile. Fatti coraggio razza di imbecille. Tento di mostrare sicurezza nei passi ma, tutto ciò che ottengo è la mia solita goffaggine – ricado leggermente in avanti, inciampando sul mio stesso mantello. La maggiore delle sorelle Tendo sorride divertita. Io la imito, più imbarazzato che altro. “Akane, Nabiki, papà! Guardate chi c’è” annuncia lei festosa. “N…non gridare così ti prego” gesticolo con le mani in modo piuttosto agitato.

    Uno ad uno, i componenti della famiglia si precipitano dinanzi all’uscio. Prima Nabiki, poi il signor Tendo ed infine. Ah. Rimango immobile ad osservare l’ultima, minuta figura dinanzi a me. E’ lei. Non ho alcun dubbio. Mi osserva silenziosa, p…potrei azzardare d’aver visto commozione nei suoi occhi? Abbasso inevitabilmente lo sguardo. “Ehi, visto? Ho mantenuto la promessa” tento di rompere il silenzio imbarazzante che s’è venuto a creare, risollevando lo sguardo presso di lei. “A…Annon?” annuisco avanzando d’un passo appena. Quant’è che non rivedevo la mia testa calda? Avanzo nuovamente, verso di lei in maggior modo, ponendole il palmo della mano sul capo, sfiorandola appena “Hai un nuovo taglio di capelli, se non ti conoscessi non ti avrei riconosciuta lo sai? Hen*…”

    Mi osservi, spiccando un debole sorriso e tentando di frenare quelle lacrime che non sai mai versare. Reclino appena il capo verso destra. Potrei dirti tante di quelle cose adesso ma, avremo tutto il tempo per parlare. D’un tratto, sollevando lo sguardo, noto che la famiglia s’è allargata. Altre due figure si parano dinanzi a me – tra le due, un ragazzo che dovrebbe avere si e no la mia stessa età ed un signore in tenuta da kenpo. Chino appena il capo presso i due. “Perdonatemi se vi ho disturbato a quest’ora, sono arrivato da poco a Nerima e … avevo proprio voglia di rivedere la mia vecchia ‘famiglia’”. Esclamo di getto. Soun si avvicina ponendomi la mancina su d’una spalla. “Non scherzare, sai che qui sei il benvenuto e … permettimi di presentarti due nuovi acquisti di casa Tendo. Lui è Genma Saotome, un mio vecchio compagno d’avventure non che caro amico e lui…” fa una pausa, osservando prima Akane e poi l’altro ragazzo, prima di tornare su di me. “E’ Ranma, fidanzato della mia Akane.” C…cosa? Sbarro gli occhi per un istante. Fi…fidanzato? Stringo il labbro superiore tra i denti , evitando di mostrare il moto d’oppressione che sto subendo all’interno. Certo, come potevo anche solamente sospettare che lei non si fosse trovata un ragazzo nel frattempo? Infondo, cosa mi aspettavo, di poter tornare e trovare tutto come un tempo? Che stupido.

    Lo fisso, anzi, mi fissa. In modo strano. Per un istante, temo seriamente che possa avercela con me. Nah, cosa dovrei aver fatto di così strano? “Piacere” emetto sordo, non so nemmeno perché mi sia uscito un così freddo moto dalle labbra. Lui solleva entrambe le sopracciglia andando ad incrociare le braccia al petto “Fidanzati, ora non esageriamo, secondo voi lo siamo. Non secondo noi” si limita scoccando una fulminata diretta al capo famiglia. La piccola Hen, si volge verso di lui mostrandogli la lingua, senza rispondere. Secondo loro? Non ci sto capendo nulla.

    “M…ma entriamo dai, cosa stiamo a fare sull’uscio?” è il signor Saotome a spezzare l’ansimo silenzioso dell’aria d’attorno. Li seguo, tanto per rimanere nel ‘bon ton’. Non posso far a meno di osservare le spalle di Hen silenzioso e dire che, ero tornato solamente per questo. Per rivedere lei. Scuoto il capo, lasciamo perdere per ora. Almeno per il momento.





    Eccoci nuovamente attorno alla tavolata. Stavolta c’è un posto in più. Gli altri si sono ritirati da un po’, siamo rimasti solamente noi tre ed io non mi sono mai sentita così ‘disturbata’. Rimango incomoda ad osservare intermittente sia Ranma che Annon, ovviamente con non chalance. Il primo è volto dalla parte opposta alla mia, intento a squadrare una zona imprecisa della sala da pranzo. Il secondo invece stringe tra le mani la tazza di thè, nemmeno volesse romperla. Rimango con lo sguardo su di lui. Sei esattamente come ti ricordavo, assolutamente identico. Semplicemente un po’ più alto dell’ultima volta che ci siamo visti. Pensare che sei stato per quel periodo, l’unico uomo assieme al Dottor Tofou che ero in grado di sopportare. Cosa mi attrasse di te quel giorno sotto la pioggia, nemmeno lo ricordo. Eri semplicemente tutto bagnato, vagavi per Nerima in cerca di chissà cosa, senza memoria e senza nome. Sei stato un fratello, un amico. Tutto. Ed ora che sei tornato non so se sentirmi emozionata o confusa. Sollevi lo sguardo per un istante, puntando l’iridi scure contro le mie, facendomi sentire come sempre, imbarazzata – tremendamente. Solo tu sortisci questo effetto in modo immediato, dal tuo modo di osservarmi, di parlarmi, d’essere.

    Arrossisci. Lo vedo chiaramente quel segno rosso sul tuo volto da ragazzino. Sempre stato un po’ impacciato, timido, introverso ma allo stesso tempo pregno di uno strano fascino esotico, sembri uscito da un libro di fiabe, coi capelli bianchi raccolti dietro le spalle dalla lunga coda e quel taglio strano, quasi felino degli occhi. Perché sei tornato Annon?

    “Vado a dormire, dovrete parlare no?” Ranma si solleva dalla sua posizione, pare quasi seccato. Non ha proferito parola per tutta la sera. Sollevo lo sguardo su di lui, tenta d’evitarmi in modo sin troppo evidente. Cos’hai? Non lo seguo. Rimango semplicemente ad osservarlo camminare e sparire dietro la porta d’ingresso. Il mio sguardo, non so perché, muta nuovamente – divenendo malinconico. Annon deve averlo notato, perché comincia a muoversi dal posto, quasi fosse impaziente.

    “Scusami, non volevo ripiombarti nella vita così. Soprattutto, non avevo intenzione di far arrabbiare il tuo ragazzo” mi sussurra, facendomi arrossire visibilmente. “N…no, Ranma è fatto così, gli passerà. E…poi, non è esattamente il mio ragazzo” spiego sorridente. Lui mi osserva perplesso, seppur gli sia stato spiegato da mio padre, ancora non capisce in che rapporti io mi trovi con Ranma b..bè, nemmeno dovrebbe importargli infondo. No? Piego gli avambracci sopra il tavolo, poggiando il volto sui palmi. “Allora? Cosa ti riporta a Nerima?” non so cosa io abbia detto di sbagliato, tanto che si lascia rovesciare tutto il contenuto della tazza addosso. “Annon” mi avvicino con un tovagliolo, tentando di pulirgli via quel disastro di the. “N…non preoccuparti Hen, è tutto ok” mi intima tentando di scansarsi. “Su, non fare il moccioso – lascia che ti aiuti” si ferma, lasciandomi fare. Che imbranato. Ricordo ancora quando mi affibbiasti questo nomignolo – eravamo nel dojo, io mi stavo allenando. Già, tu sei quello non violento. Appena ti dissi che intendevo divenire forte, per scansare tutti quei ragazzi che mi rompevano le scatole, subito ti opponesti, non volevi che io divenissi una karateca, ed invece poi, prendendola sul ridere – mi chiamasti Hen, per farmi ricordare il tuo ‘odio per le arti marziali’. Scemo.



    Mantengo la mancina poggiata sulla parete che divide corridoio e sala da pranzo. Perché non riesco a staccare gli occhi da quella scena? Non è da me comportarmi così. La destra, prende a tremare lungo il fianco in maniera sconcertante, tento di calmarmi ma non ci riesco. Chi è questo che tutt’un tratto è comparso ‘nuovamente’ o , così almeno sembra, nella vita di Akane? Mi allontano di un passo appena, senza distogliere lo sguardo da lei, in particolare. Rivedo la stessa scena tra me e lei e, quando ci sono io, lei non sorride come ora. Non le ho mai visto quel sorriso. Perché sei così con lui? Una domanda che, lascia perplesso anche me, solamente per averla posta al mio subconscio. Cosa mi importa se con lui è carina infondo, sono amici no? Forse, è questo che mi spaventa. Sino ad ora, Akane, è sempre stata solamente con me e, non l’ho mai vista con un altro ‘uomo’ che non potessi essere io. Abbasso lo sguardo, certo, Ryoga, Kuno e tutti gli altri suoi ‘spasimanti’ sono maschi ma, io ero sicuro … ero sicuro che non ci fosse nessun altro a parte me così, insomma, vicino a lei. Dei Ranma, smetti di impipparti mentalmente. Scuoto il capo, bah, è normale tra amici no? Anche io e Ucchan eravamo amici ai nostri tempi e …

    Torno a guardarli, lasciando schiudere le labbra un poco. Ridono di nuovo. E’ la prima volta che mi sento così … così… messo da parte? No. Figuriamoci, io sono il suo fidanzato no? Fidanzati, ora non esageriamo, secondo voi lo siamo. Non secondo noi. Già, quando mi pare lo sono. Perché, all’improvviso sento di essere di troppo? Ecco, devo averlo rifatto, ho sentito le palpebre abbassarsi – di nuovo quella nota di malinconia. La sento. Smettila di pensare certe cose. Domani se ne andrà no? Quindi di che preoccuparsi? Già, già. Annuisco energicamente tentando di rianimare il sorriso sulle labbra, certamente. Eppure, più li guardo e più ho l’impressione di perdermi qualcosa. Perché a me…quei sorrisi non li fai?

    Dojo – 3,45 del mattino.

    Sollevo il braccio sopra la testa. Respiro. Quiete. Abbasso la mancina, col palmo teso poco sotto il busto, alzando ritmicamente la gamba destra prima di sferrare un calcio deciso all’aria circostante. Uno. Due. Tre. Pausa. Non riesco a dormire, dannazione. Il pensiero … i…il solo pensiero che quell’altro individuo sia dentro questa casa mi…mi… Respira Ranma. Annuisco convinto, mentre la mano destra, piatta a mo di rasoio fende un altro colpo a mezz’aria.

    “Non dormi?” mi blocco. Ansante mi volgo appena, sopra la spalla. “Mh…” rispondo a malapena, tornando ad esercitarmi o meglio ‘ a concentrarmi’ sui miei esercizi. Non sono sorpreso di vederla qui, anzi, tutt’altro. Mi aggira, rimanendo in silenzio – si pone poco distante dalla mia posizione sedendosi in retta parallela alla mia visuale. Mi sento sotto pressione. Il suo sguardo diviene sin troppo pesante da governare. “Devi rimanere qui a fissarmi tutta la notte?” sputo secco. Lei rimane a fissarmi senza parlare. Mi fermo, mi riporto in posizione eretta posando finalmente lo sguardo sulla sua figura.

    “Allora?” non mi piace questo silenzio. “Sei arrabbiato?” tenta di chiedere, io scuoto la testa energicamente, ruotando il busto appena per osservare l’esterno dall’anta semi-aperta del dojo. “Non è vero, lo sei” ripete sollevandosi. No, non lo sono. Sapessi cosa mi succede, sarei l’uomo più felice di questo mondo. Si solleva ora, sento i suoi passi muoversi verso di me lenti. Non mi volgo.

    “Oggi non hai proferito parola, sicuro che non ci sia nulla?” smuovo leggermente le labbra, facendo schioccare la lingua al palato. “Ti ho detto di no, sei sorda forse?” corrugo la fronte volgendomi verso di lei rabbioso, ecco, questo si che si chiama controsenso. Lei aggrotta le sopracciglia, incrociando le esili braccia sotto il seno, se quello, si può definire tale ovviamente. “No, ci sento benissimo anche se in questo momento grazie a te, ho appena perso un timpano” ironizza indicandosi l’orecchio. Una sottile lingua rossa scivola sopra il mio naso, giustificando il repentino imbarazzo in cui mi trovo al momento. Per cosa poi, aver urlato? Tsk, nemmeno non lo facessi mai.

    No, non è tanto l’urlo ad impacciarmi, quanto la sua presenza qui, ora. Oddio, sto seriamente dando i numeri. Non c’è alcun dubbio. Sollevo lo sguardo, stavolta da destra a sinistra, cercando chissà cosa dietro le sue spalle. “Che stai facendo?” chiede confusa, osservandomi incuriosita. “Stavo controllando se tu fossi munita di mazze, tavoli o roba simile…” ammetto senza troppi giri di parole. Distorce le labbra, mentre inarca maggiormente le sopracciglia “Simpatico” mi mostra la lingua. Vorrei chiederle dove ha lasciato ‘principe scolorino’ ma, lascio stare. Non voglio ritrovarmi all’ospedale domani. Lei si pone al mio fianco, sollevando la punta del naso presso la volta. Sembriamo due carciofi che guardano per aria, della serie ‘uhm, io non so che dire quindi guardo ‘casualmente’ le stelline in cielo’, sul serio sto pensando queste cose? Scuoto il capo per autocommiserarmi. “Pensi davvero ciò che mi hai detto ieri?” questa domanda mi coglie abbastanza impreparato. Smuovo un passo di lato allontanandomi d’istinto, mentre una sottile scia di sudore mi corre lungo il collo. “E…eh?” tipico, quando non so cosa dire, comincio a far finta di non capire le domande. Classico.

    “Non cominciare con quelle facce stralunate, sai bene a cosa mi riferisco” ops, credo se ne sia accorta pure lei, mi conosce sin troppo bene per i miei gusti. Abbasso lo sguardo, portando entrambe le mani dietro la schiena a congiungersi. “I…io…” oh bene, se comincio così finisco domani mattina. Possibile che io debba trovare sempre il modo di mettermi ‘automaticamente’ nei casini da solo? E poi perché lei è diventata così – audace – nelle domande tutt’un tratto? Che sia una delle mie fantasie?

    Mi pizzico la guancia. Ahio. No, purtroppo è la realtà. Akane mi osserva stranita, attende un responso. Non saprei cosa dirle al momento. “Vedi…io…penso che tu sia…” prendo un respiro, tentando di pensare una parola che non sia cretina, deficiente, maschiaccio od altro. “…poco attraent…” lascio stridere i denti tra loro ma, allora sono un vero deficiente. Sollevo le mani a mo di difesa dinanzi al volto, arrestandomi completamente e serrando le palpebre. “Scusa io non…” non sento nessuna reazione da parte sua. Apro gli occhi. E’ rimasta ad osservare il cielo, aprendo una sorta di mezzo sorriso amarognolo sulle labbra.

    “Va bene, ho capito. Buonanotte” si volge , facendo per andarsene. Rimango allibito. Akane non violenta? Il mondo ha cominciato a girare al contrario o che altro? Inarco poi le sopracciglia. “Aspetta” senza volerlo – e va bene – volendolo stavolta, le afferro il polso. “Non intendevo dire quello…che ho detto, io, volevo dire che…a…a volte…qua…quando vuoi sai…anche essere…ca…carina…ecco…” le lascio il braccio volgendomi immediato dalla parte opposta, inutile dire che ho assunto il colorito della mia casacca. Lei si volge appena ad osservarmi. “Dici sul serio oppure mi stai prendendo in giro?” chiede vaga.

    “D…dico…s…sul serio…” ma perché devo apparire così deficiente? Esiste una parola sana nel mio vocabolario al momento? Si volge verso di me, aprendo quello che pare una sorta di sorriso. La vedo perché, la sto osservando con la coda dell’occhio. Faccio altrettanto, od almeno, senza che lei se ne accorga. “…” improvvisamente sento il mio corpo divenire di marmo, quasi avessi visto un fantasma svolazzarmi dinanzi. Deglutisco un macigno che raschia giù per la gola. Sento la sua fronte contro la mia schiena. S…si…è…

    “…Mh” tutto ciò che riesco ad emettere è un sospiro di pura soddisfazione e non ne riesco nemmeno a capirne il motivo. “A…A…” seh, buonanotte. Anzi, buongiorno. Rimango così, tentando di mantenere in trazione ogni muscolo possibile per non muovermi, credo d’aver smesso anche di respirare. Perché … perché desidero rimanere così ancora per un po’? Abbasso lo sguardo tentando di pensare razionalmente a questo mio improvviso ‘volere’. Non trovo risposta, capirai, da quando faccio quegli strani pensieri – ogni volta che la sento ‘pericolosamente vicina’ vado in tilt. Ci credo.

    Mordo il labbro inferiore così tanto da dilaniarlo completamente. Vorrei voltarmi, vorrei… vorrei… No. Smetti di pensare certe cose. Chissà se esiste un filtro anti-maniacale in questa casa. Possibile che io sappia partorire solo stronzate a quest’ora e in questo particolare momento? “Ranma” mi chiama, vuoi il caso, vuoi l’aver osservato così tanto le stelle da avere una gran nausea del cielo – toh – devo voltarmi. Eh oh, mi ha chiamato eh.

    Deglutisco di nuovo, oramai ciò che raccolgo in gola è solamente arsura, la dentro è scoppiata la carestia da un po’. “…” non riesco a mettere in moto il cervello per rispondere qualcosa. Ho già detto che siamo troppo vicini? No, credo d’aver saltato questo passaggio. Ecco , la verità è che … deglutisco ancora qualcosa di inesistente, la verità è che lei è… davanti a me e io sono… indovinate cosa faccio? Si, deglutisco, yes. Non so fare altro, mi spiace – funzioni motorie e mentali, adieu-. Mi scandalizzo per così poco, figuriamoci che nei miei sogni questa qua vuole ‘farmisi’. Oh my god, tutti i santi di questo mondo – non – fatemi pensare a quello. Abbasso lo sguardo, eccerto tutte ora le noto io eh? Ovviamente. Le…le sue…sono…così…e io…sono…così… e trick e track, ma basta. Esiste un modo per spegnere la lampadina del mio cervello? Fortuna che avevo detto – anche funzioni mentali eh-. Seh, che ci crediate o no ci stiamo ancora fissando – non so da quanto ma è così. “E…eh…” oddio, cos’era questa risata ebete? E’ davvero uscita dalla mia bocca? Vi prego, ditemi di no.

    Chiude gli occhi, improvvisamente, interrompendo il contatto visivo. L…lei vuo…vuo…vuole che i…i…i… e ricominciò il telegrafo. Presente una lattina gassata che quando la scuoti comincia a lasciar risalire la sua ‘effervescenza’ – ecco- immaginate la mia di lattina. E’ scossa così tanto da due giorni che mi farei pure un panda adesso. Oddio, no evitiamo di fare pensieri osé anche su mio padre, sarebbe il colmo. Socchiudo le palpebre, mentre le braccia prendono a tremarmi, nemmeno avessi un elettrostimolatore addosso.

    Sollevo le mani, ponendole sulle sue spalle. D…dei, non mi ero mai accorto di quanto fossero piccole. Lascio correre le dita, lungo la superficie della pelle. N…non ci riesco, non è così facile. Lei,si aspetta che io sia così sicuro anche in questo campo? P…poi vuole che io la…che io la… “Cosa c’è?” mi intima, un sussurro che mi…mi…io potrei anche si…ora potrei anche volerti…ba… Chiudo gli occhi definitivamente ora, respirando piano. Lentamente. Il battito cardiaco che accelera rumorosamente, infarto, infarto, infarto.

    Adesso si. Sono così vicino da poter sentire il suo respiro sulle labbra, caldo, si scioglie contro il mio inevitabilmente. Riapro gli occhi di scatto, accorgendomi d’essere sul punto di baciarla. Rimango immobile per una decina di secondi. Devo farlo? E’ giusto? Perché mi assillano tutti questi dubbi? Divarico appena le gambe, in modo da sostenere l’equilibrio maggiormente. Lei si sposta appena in avanti, sulle punte dei piedi per raggiungermi. Credo senta la mia titubanza, s’è appena irrigidita. Sento il bisogno impellente di … lascio scivolare le mani lungo le sue, giungendo sino ai fianchi per sospingerla maggiormente contro di me. “Stai temporeggiando Ranma?” sussurra nuovamente, no, stavolta non mi da tempo di ribattere. Si protrae in avanti, sollevando maggiormente il collo e stavolta, sento distintamente le sue labbra sulle mie. Oh mio dio. Qua…quando si è avvicinata e mi ha…ba… sento le braccia farsi pesanti stavolta, ricadono lungo i miei stessi fianchi mentre sbarro gli occhi completamente. No, non mi aspettavo una reazione simile da parte sua. Non ora, non…non ero pronto…io…non…er…

    Non immaginavo che… non immaginavo che potesse essere così. Non è il primo insomma, non è il primo bacio che ricevo infondo – ma questo è, il suo è… stavolta io non sto…sognando vero? Non credo. Credo sia rimasta sorpresa anche lei del suo gesto, le sue mani, si sollevano appena sulle mie spalle in gesti poco accorti e tremolanti. Non parliamo di me, sembro imbalsamato. Possibile che io debba fare sempre figure di minchia? Provo – ripeto – provo a sollevare anche io una mano, ponendola sul fianco di lei nuovamente. Stavolta rispondo al bacio, si, con sgomento ma lo faccio e diavolo mi si sta drizzando tutto – ehi – parlo del codino, che avevate capito? Chissà di che colore sono stavolta – viola? Blu? Però, alla fine, a me…cosa me ne importa? Non desideravo altro, in realtà, da giorni. Lei si distacca – mi osserva portandosi una mano alle labbra. Io volgo lo sguardo altrove, non sapendo dove altro guardare. Imbarazzo totale, è ovvio no? Ci stacchiamo alla velocità della luce l’uno dall’altra. Tornando finalmente a respirare, più o meno.

    Mi volgo, tentando di allontanarmi. Ho una confusione totale in testa, però, sento nuovamente le sue braccia attorno al busto ora. Non credo mi lascerà andar via e … a me sta bene così. “Mh…” di nuovo mugolo quel sussurro di compiacimento. Stavolta però, ne so il motivo. E ora?

    “Ranma…io credo di…” anche io. Anche io dannazione. Mi volgo verso di lei, si lo so, adesso io…so che…

    “Mhhhh…si…anche io…mhhh…Ak…Aka…mgngm…Akane io ti…mgh…mh?” Apro un occhio, ritrovandomi addosso ad una palla di pelo gigantesca, mio padre ronfa come un animale, già, dimenticavo che lo è infondo. Cos…? No. No. No. No. Stavolta sembrava tutto così vero. Sospiro – sono così frustrato da questa cosa che mi ritrovo ad esserne deluso. Mi sollevo ansante sul futon, grondante di sudore. Apro le braccia rigettandomi completamente indietro, in uno di quei sospironi immensi a pieni polmoni. Era solamente un sogno. Perché? Osservo il soffitto tristemente adesso. Sembrava così vero. Cos’è che le stavo dicendo nel sogno? Cosa le dicevo? Non mi ricordo dannazione.



    Fine Terzo Capitolo



     
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  6. **InUNoE92**
     
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    L'avevo già letto questo capitolo, ma mi è piaciuto rileggerlo.
    Brava mamma!
    Aggiorna presto.
     
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  7. Ery_chan
     
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    What i really want
    Capitolo quarto : La vendetta è un piatto che va consumato freddo.



    S’erge il sole nuovamente. Apro le imposte della finestra stirando le braccia soddisfatto. Da quanto non mi riaffacciavo da questa stanza? Ricordo d’averci vissuto per un periodo di tempo, sino alla mia partenza per tentare di recuperare la memoria. Poggio le braccia sul davanzale. Hen è divenuta così…così. Arrossisco serrando gli occhi, non fare strani pensieri eh? Un rumore sordo mi distrae, proviene dal giardino. Uhm, mi affaccio, notando Ranma alle prese con dei kata mattutini. Da quel che mi hanno detto lui è il successore della scuola di arti marziali indiscriminate, della famiglia Saotome. Per questo deve sposarsi con Akane. Sospiro. Questo pensiero m’ha vorticato in testa tutta la notte. Non riesco a smettere di pensare alla parola ‘matrimonio’ per la piccola Hen.

    Lo osservo meglio. Beh, si. Non c’è che dire, non è messo male a fisico. Eppure io sono convinto che quattro muscoli non siano decisamente, ciò che interessa ad una donna. Conta anche la testa, annuisco deciso. Tsk, e poi io mica sono messo male. Mi sposto dalla finestra, ponendomi dinanzi allo specchio. Sollevo un po’ la maglietta – emettendo una leggera smorfia col naso. Oddio, in effetti non sono molto in forma. Accidenti. Una nube nera s’addensa attorno al mio stato d’animo. Non ho chance contro quel Rambo. Le mie labbra si piegano verso il basso – accidenti, non è detta l’ultima, loro – a detta di Ranma e Akane, stanno insieme contro il loro volere no? Quindi, perché io non dovrei avere una possibilità?

    Sollevo il naso per aria baldanzoso, uscendo dalla stanza. Yes. Non mi accorgo, immerso tra le nuvole, di andare incontro all’oggetto dei miei pensieri, scontrandomici inevitabilmente. “Ahio, scusa, scusa” emetto piegando entrambe le mani dinanzi al volto, per chiedere perdono – si sa mai – Hen sarà pure docile ma quando si arrabbia … meglio non pensarci. Lei mi sorride. “Tutto ok Annon, tra me e te non so chi è il più goffo” e ride, quando lo fa io non posso far a meno di…non fissarla come un emerito imbecille. Perché mi comporto come un coglione? Eccomi, se fossi dinanzi allo specchio mi vedrei inebetito, rosso in faccia ad osservarla come uno stoccafisso. Sveglia deficiente. “Ehm, Annon?” mi scuote dalla paralisi improvvisa, scatenandomi quello che io chiamo ‘panico da Akane’ . “Eh? Io? No…non ti stavo guardando, ti sbagli!” emetto tutto d’un fiato. Lei ride di nuovo, sono così buffo? Ci solleviamo entrambi, dando una sonora zuccata l’uno all’altra. “E’ un vizio … accidenti” mi smuovo, massaggiando la tempia. “Credo di si” mi imita.

    La porta scorrevole d’una stanza adiacente s’apre ora, con un leggero tonfo. Sgrano gli occhi ampiamente osservando un panda gigantesco camminare tranquillamente per casa grattandosi le chiappe come un essere umano. “Cos'è…quello?” indico l’animale rifugiandomi dietro Akane, lo so, non è molto virile nascondersi dietro una donna ma, una cosa è l’astuzia, un’altra volersi assassinare. Lei si volge sopra la spalla, dandomi un’occhiata perplessa. “Tranquillo, è solamente il signor Genma” mi risponde , in modo così naturale da spaventarmi.

    “Il signor…Saotome?” strano, eppure ieri lo ricordavo umano. Ranma è figlio di un panda? Non ci capisco una mazza. “Vieni, ti spiego di sotto”. Mi prende per mano involontariamente, credo. Abbasso lo sguardo, notando quel piccolo particolare. Ridacchio confuso e ‘forse’ felice, al tempo stesso. Sono proprio deficiente talvolta.



    Prendo un respiro ampio, asciugando il sudore che scivola lungo i pettorali. Sferro un altro calcio deciso all’aria prima d’essere richiamato da Kasumi, assieme agli altri. “Arrivo” emetto spiccio, mentre sollevo lo sguardo, nel medesimo istante, qualcosa di ‘fastidioso’ mi blocca la circolazione all’istante. Mi frego anche gli occhi , si sa mai, avessi le visioni. Ultimamente succede spesso. No, sto davvero – vedendo – Akane e quella bianchina ambulante per mano? Un mezzo ringhio mi contorce le labbra, no, non farò di certo la parte del geloso. Io sono decisamente maturo, chissà oggi cosa fanno Shampoo e Ukyo. Scuoto il capo, non ero maturo?

    Prendo un bel respiro, tentando di trattenerlo. Punto primo per non dare d’escandescenza, punto secondo per decidere con calma se rompergli tutte le ossa, oppure torturarlo lentamente in altri modi. Dovrò pensarci. Mi avvicino, sedendomi al mio posto muto. Lui si volge verso di me, spiccando un sorriso a trentadue denti . Dei, tenetemi altrimenti glieli spacco tutti quanti e non ci saranno dentiere in grado di entrarti in bocca – giuro. Akane scivola con lo sguardo su di me, io cambio immediatamente la direzione del capo arrossendo. Ci mancava solo questa, adesso non riesco nemmeno a guardarla, andiamo bene. Non so se il mio rossore è dato dalla rabbia o semplicemente dal ‘sogno’.

    Sollevo la ciotola presso Kasumi, senza proferire alcun verbo. “Ranma-kun, come sei silenzioso stamattina” proferisce quasi sorpresa. Tutti i presenti lo sono in realtà, c’è un leggero, leggerissimo alone di tensione. Chissà perché, mah. Ovviamente è ironica la mia affermazione.

    Poggio il gomito sul tavolo, schiacciando la guancia contro le nocche. “Annon, ti andrebbe di venire a scuola con noi? Te la faccio visitare, in caso volessi – non so – trasferirti in modo permanente” . Lascio improvvisamente cadere la mano lungo il fianco, sbattendo sonoramente il mento sul tavolinetto. “Ahio…” massaggio la parte dolorante, puntando lo sguardo su Akane, trucidandola letteralmente. Permanente un corno.

    Mr. Pelo bianco e ‘consorte’ si volgono verso di me perplessi. “C’è qualcosa che non va Ranma?” mi chiede lei ironica, come se in mezzo vi fosse una domanda indiretta del tipo ‘sarai mica geloso’.

    “No, non lo sono, tranquilla” rispondo, senza nemmeno che lei lo abbia effettivamente chiesto. “Non sei, cosa?” mi rimbecca acida e sarcastica al tempo stesso. Quando fa così la ucciderei. Mi sollevo sbattendo le mani sul tavolo, lasciando cadere la ciotola con tutto il riso dentro. “Ma…Ran…” papà non fa nemmeno in tempo a chiamarmi che la porta scorrevole è già chiusa dietro di me. Cretina.



    Lo osservo annichilita. “Ranma…” un mezzo sospiro col suo nome m’esce dalle labbra. Sono giorni che è assente con la testa, non capisco il perché del suo comportamento. Annon mi osserva stranito, così tutti gli altri.

    “Akane, potevi evitare di rispondere così al tuo fidanzato, su” mi rimprovera Kasumi, portando la mancina presso la gota “Guarda, non ha nemmeno mangiato”. Non me ne ero accorta. Solitamente mangia per quattro, credo che mi debba qualche spiegazione il signorino e per la cronaca – sono ancora in collera con lui. Mi sollevo dal tavolo, socchiudendo le palpebre e sospirando pesantemente. “Andiamo Annon” lui annuisce silenzioso. Forse ha inteso che c’è qualcosa che non va tra me e lo stupido, di la.

    “Ho fatto qualcosa di sbagliato?” domanda l’albino porgendomi quel suo sguardo scuro negli occhi. Scuoto il capo. In realtà, non ne ho idea nemmeno io. Osservo l’ingresso, Ranma deve essere già uscito. L’altro deve notare che mi sono appena intristita, mi pone una mano sulla spalla sorridendo. “Dai, non è successo nulla” mi consola. E’ sempre stato così lui, pronto a tirarmi su di morale – sempre. Non come quel testardo e burbero di Ranma. Mhh, quando fa così lo scannerei vivo. Scemo che non è altro. Eppure, io so che c’è qualcosa che non va in lui. “Senti Akane, io resto qui per oggi ti va? Almeno, se vuoi, potrai chiarirti con Ranma” scuoto il capo. Assolutamente no, non darò il contentino a quel cretino per le sue crisi di gelosia. Uh? Ho appena detto – geloso? Nah, Ranma non potrebbe mai ingelosirsi … o forse si? Arrossisco lievemente, tentando di lasciar fuggire quel pensiero dalla testa. “No, vieni con me, senza discussioni. A Ranma penserò poi…”. Non ti lascerei mai solo, sei arrivato solo ieri. Quello sfrontato deve imparare un po’ di ‘bon ton’ , non è casa sua e si comporta come un maleducato. Bah.





    “Annon di qua, Annon di la. Dei ma lo ha sempre in bocca dannazione?” puah, oramai nemmeno riesco più a pensare ‘dentro di me’ , spiattello in mezzo alla strada anche i miei problemi, evvai. La gente si volta ad osservarmi, mentre faccio fuori a pugni ogni inferriata che mi capita dinanzi. Vuoi restare in modo permanente? Gna gna fru fru – se vuoi ti porto anche a letto con me, buttando nel secchio P-chan. E lui : si si amore sposiamoci gna gna, ma Ranma? E lei : Chi è Ranma? Ah si, quel povero coglione che abita sotto casa mia, mah, forse un tempo era il mio fidanzato. Già. E’ da quando sono uscito che tento di nascondere quel tic fastidioso lungo le labbra, dannazione, sento vibrare ogni corda del mio essere. Non bastavano Kuno, Ryoga e compagnia bella, ora anche l’amichetto con cui giocava al dottore. Lo spacco, lo trucido, lo… lo…

    “Tesoruccio!” la voce di Shampoo mi rimbomba nelle orecchie, mentre vedo ‘stranamente’ la ruota della sua bici sempre più vicina, sino a sentirne la composizione gommosa tra i denti. “Shoshahi…” lei mi osserva stranita “Cosa? Non capisco ciò che dici”

    “SHOSHASHI!” ma che cazzo, grazie, ho una ruota in bocca – come diavolo fai a capirmi? Sollevo le mani sulla testa, spostando di peso lei e la bicicletta. “Amore, vieni qui” mi abbraccia facendo le fusa come una gatta in calore. “Ma vuoi levarti dalle scatole, oggi non ho voglia…” nemmeno l’attack è così forte. Sarebbe capace di rimanermi incollata tutto il gio…

    Uhm. Uno dei miei sorrisetti comincia a farsi largo sulle labbra. “Shampoo cara, oggi pomeriggio … cosa fai? Ti va di uscire con me?” oh, nemmeno avessi annunciato le nozze. Un bel si convinto è quel che ricevo in tutta risposta, ovvio, IO ho fascino. Non quel bamboccino bianco che ha bisogno della manina di Akane per scendere dalle scale. “T…tesoruccio stai bene?” la cinese mi osserva intimorita, scansandosi appena, non appena nota i miei occhi scintillare d’un fuoco rabbioso. “IO – STO – BENISSIMO” rispondo ad alta voce, vuoi sfidarmi Akane eh? Ah si? Credi che io sia geloso di quel…di quel…di quel… assolutamente no, io posso averne quante voglio. Non sono di certo attratto da una ragazzina poco sexy e violenta come te.

    “Allora ci vediamo oggi, cerca di farti trovare alle 17.30 al parco, vestiti di azzurro e non mancare” sembro la pubblicità d’un centro commerciale. Lei, non fa altro che annuire perplessa – mentre io mi allontano, marcato dalla traccia nera sin sopra la fronte della ruota della bici, poco me ne frega. Livido, rabbioso. Non geloso, per carità – semplicemente infastidito da una situazione strana – annuisco, ci manca solamente che mi do la mano da solo poi sono pronto per il centro di igiene mentale.

    L’ultima campanella suona proprio nell’istante nel quale metto piede dentro il cancello, salvato in corner. Ora che ci penso, è la prima volta in due anni che entro qui senza Akane. Mi fermo all’ingresso, spicco un breve salto sul ramo del primo albero del cortile, seguendo poi il cornicione in corsa – si sa mai – voglio arrivare prima di quei due cretini.

    Faccio in tempo ad entrare dalla finestra e filare al mio banco, quando eccoli apparire come una coppietta di neo-sposini. Oh, piccini, anche a braccetto ora.

    Hiroshi s’avvicina dandomi una gomitata nelle costole. “Senti Saotome ma, Akane non era la tua fidanzata? Quello chi è?” mi domanda indicando Annon. Alzo le spalle – fingendomi – disinteressato alla cosa. “Che vuoi che ne sappia io, sono forse la sua balia?” Immediatamente, nemmeno a farlo apposta, il mio sguardo e quello del bianchetto s’incrociano ed ora, per la prima volta in due giorni, vedo che m’osserva in un altro modo – oserei dire – con astio. Ricambio l’occhiataccia – mentre una scarica elettrica pare passare in mezzo all’aula. Akane rimane muta ad osservare la scena, prima che si posi su di me, io ho già distolto lo sguardo.

    La lezione comincia, mentre il professore presenta quel coglione come visitatore e bla bla bla…ne segue un’ora di non so cosa, ero troppo impegnato a pensare alla mia vendetta per seguire anche le lezioni.

    Finalmente, ecco scoccare l’ora di pranzo. Puntuale con essa, il mio sorrisetto torna sarcastico. “Puoi venire con me?” la voce di Akane mi distrae. Incrocio le braccia al petto evitandone di nuovo lo sguardo “Perché? Quell’altro non può venire?” accidenti, a me e alla mia boccaccia , così sto sventolando una bandierina con scritto ‘gelosia’, sotto il suo naso. “Non che…me ne importi, ovviamente” mi correggo sorridente.

    “Cretino, devo parlarti. Ti muovi o devo prenderti di peso?” mi intima cominciando ad innervosirsi. Mi sollevo sbuffando, quasi la cosa mi desse sui nervi. Quando invece, lancio un’occhiataccia allo spelacchiato – sollevando il naso trionfante. Ma cosa sto facendo? Sono rimbecillito o cosa? Puah.

    Terrazzo, ore 13.40

    “Allora, che dovevi dirmi?” mi smuovo secco, voglio sbrigarmela in fretta, sono troppo preso da altri pensieri, per ascoltarla ora. Lei poggia entrambe le mani sull’inferriata centrale, piegando il capo verso il cortile, dove un gruppo di studenti si sta allenando a calcio. “Dovrei essere io quella arrabbiata, non tu…cosa c’è che ti da fastidio? Sono giorni che mi eviti” se vi dico che non so cosa rispondere, non ne rimarreste sorpresi, vero?

    “…” Riesce sempre a spiazzarmi, in un modo o nell’altro. Grugnisco qualcosa di incomprensibile prima di spostarmi verso la porta. “Niente, non ho niente” dal mio tono non si direbbe affatto. “Certo…come no. Sei geloso?” stavolta la domanda è diretta “Io? Geloso di te – questa si che è buona” acido come sempre, spigoloso nel tono.

    “Se non è gelosia, allora perché guardi Annon come se fosse il più acerrimo dei tuoi nemici?” mi sputa contro. Qui io, non so davvero cosa dirle. Ci provo, buttandola sulla classica battuta, “Non mi piace a pelle, va bene come risposta?” lei si volge verso di me ora, non ha il volto corrucciato o quant’altro, direi più, intristita. “Capisco, quindi … a te non importa niente di me…” ahio, quando sento quella tonalità forte e decisa spezzarsi appena, è sinonimo di rubinetti che si aprono.

    Stringe le labbra. “Come al solito, hai la sensibilità di un elefante. Scemo!” ed è un bel cinquino stampato in faccia quello che sento ora. Sollevo la mano, aprendo il palmo completamente per tastare la guancia pulsante. “Vedi? Sei violenta, non lamentarti se poi non sono carino con te…se solo tu fossi meno manesca…” non finisco la frase – credo d’aver ecceduto un po’ troppo. Piange. “S…su dai…n…non intendevo essere… cioè non volevo dire…”

    “Ti sei spiegato benissimo” mi urla contro. No, non sopporto di vederla piangere è più forte di me. Scappa, eh no, questa volta mi ascolti cavolo. La blocco per un braccio – ehm – dove ho già vissuto questa cosa? Ho un déjà vu.

    “Senti. Io intendevo semplicemente dirti che… potrei…essere…anche più carino se tu, insomma, me ne dessi la moti…vazione…” non so perché spezzo la parola in due. Stavolta il mio sguardo permane immerso nel suo per alcuni istanti. Le lacrime continuano ad inondarle il volto libere. Non posso far a meno di sentirmi maggiormente in colpa. “Motivazione? Fammi un esempio…” oddio, qua viene il difficile.

    Io ci provo, poi se, becco un altro ceffone – chiamo il telefono azzurro. “Ad esempio. Se la smettessi di picchiarmi ogni volta che faccio qualcosa, qualsiasi cosa, mi faresti un gran favore. Cosa ti faccio, per ricevere sempre un ceffone o roba simile? … Fa male anche a me sai? Non sono di gomma” ecco, ora sono entrato nella parte di me che odio – quella seria. Quando IO divengo serio, è sinonimo di, ‘dire cose che non vorrei’ . Mi spaventa questo mio lato del carattere.

    Lei mi osserva silenziosa, le lacrime hanno smesso di scenderle lungo il volto. Le lascio il polso lentamente. “ Pensi che … a me piaccia come mi tratti? Se ti picchio è perché ho i miei motivi” Ok, siamo in torto entrambi, lo riconosco. Mi scivola un sorriso sulle labbra, non riesco a trattenerlo. Scuoto il capo, leccando il labbro inferiore così, istintivo. “Va bene, ricevuto. Rimani sempre una kawaiikune, però.” Stavolta non s’arrabbia, l’ho detto scherzosamente, spostandole la fronte indietro con l’indice. E’ raro scherzare con lei.

    “Scemo” finalmente apre un mezzo sorriso anche lei. Segno che non è più arrabbiata. Chissà perché ma, in questo momento – quando faccio la pace con lei – quell’idea di vendicarmi, mi passa di mente. Poggio le spalle contro il muro “Hai fame?” le chiedo abbassando lo sguardo.

    “Si, abbastanza” silenzio ne segue. Stringo il labbro inferiore tra i denti. Che faccio? Scendo a prendere il cibo, o rimango qui? Il mio stomaco protesta, non ho nemmeno fatto colazione.

    “Akane io…”

    “Ranma io…” buffo. Lo diciamo assieme. Nemmeno avessimo avuto un filo conduttore in questo momento. Abbassiamo lo sguardo all’unisono. “Scusa” anche questo, viene spontaneo da entrambi. Sollevo lo sguardo, meravigliandomi di me stesso e di lei anche. “O…ora possiamo anche, scendere non credi?” perché ho detto una frase così stupida? Sono un emerito coglione.

    “Se…vuoi” mi ripete titubante, io annuisco. Ok, sono decisamente scemo. Il fatto è che una parte di me mi intima di restare, mentre l’altra mi tormenta d’andarmene. “Va bene” ho fatto decisamente la mia, anche adesso. Lanciare il sasso e tirare indietro la mano, ora, sarebbe sconveniente.

    Rimaniamo entrambi dinanzi alla porta, immobili. Sto aspettando che esca per prima, così, non mi sentirò troppo in colpa d’aver proposto di scendere. Non si muove. Una folata di vento. Il rintoccare improvviso del campanile distante. Ora, potrei dire d’aver sentito persino il raggrinzire d’una foglia pestata. Abbasso il capo, lanciando debolmente un’occhiata verso destra. Congiungo gli indici l’uno contro l’altro giocherellandoci, ricolmo d’un imbarazzo asensato.

    “Se rimanessimo qui?” propongo, mentre il tono del verbo s’ammorbidisce leggermente. Ecco. Sono stato carino con lei. Una cosa rara da parte mia, molto. Lei se ne accorge, perché ora mi osserva sorridendo. Trattengo il respiro per una manciata di secondi che sembra interminabile, sino ad ingollare completamente il fiotto di saliva che aveva cominciato, poco fa, a scendermi giù per la gola. Non sei male se sorridi. Si, lo penso. Potrei darmi del pazzo per l’ennesima volta, convincermi d’avere una malattia ma, no, semplicemente resto con la convinzione che in questo momento,io la vedo seriamente come penso. E’ più carina. Quando non è violenta, quando non è un maschiaccio, quando rimane silenziosa ad osservarmi così, facendomi sentire in imbarazzo. Dei, sono ancora rosso. Scuoto il capo, mentre il codino dietro la nuca s’arruffa sollevandosi d’impatto.

    Il mio stomaco brontola ora. Rompe l’apparente quiete dell’attimo, facendomi scivolare la mancina dinanzi al volto. “Temo di morire di fame così” per una volta che c’è un momento di calma piatta, tra me e lei, qualsiasi cosa, anche la più cretina deve interromperlo. Bah, ci rinuncio. Lei alza le spalle, senza arrabbiarsi. “Lo stiamo dicendo da venti minuti ma non siamo ancora scesi. Credo che dovremmo mangiare, tra poco suona la campanella…poi Annon…” si blocca, temendo d’aver detto qualcosa di spiacevole. Mugugno qualcosa d’incomprensibile, certo, mi ero dimenticato che sotto c’è sbianchetto che attende. Inarco le sopracciglia, abbandonando l’immagine di ‘ragazzo tranquillo’. “Ovviamente, va pure. Non sarò di certo io a fermarti. Bah” sbuffo irritato, spiccando un salto sul tetto dell’impalcatura che costituisce la scalinata. Incrocio le gambe e le braccia, sollevando il capo e lo sguardo contro la volta. Mi secca dannatamente ammettere che sarei rimasto ancora un po’, se lei, non avesse pensato a quel cretino.

    “Ranma…” fa una pausa osservando le mie movenze “Sei uno stupido, come al solito” s’infuria, mostrandomi la lingua per svariati secondi prima di lasciarmi solo sul terrazzo. Credo mi sia passata di nuovo la fame. Mi sposto su d’un fianco, raggomitolandomi come facevo da bambino quando avevo un problema. Sposto gli avambracci contro la nuca, sospingendo all’interno le braccia per comprimerle contro le tempie. Socchiudo le palpebre. Silenzio. Perché deve sempre rovinare tutto quella la? Pensare che avevo intenzione di … lasciamo stare.



    Fine Quarto Capitolo

     
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  8. -Akane_tan-
     
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    Ti prego aggiorna presto!io sto leggendo qst fanfict su EFP e mi ha preso molto
    comunque mi piace cm scrivi,Brava!!!
    aspetto con ansia il seguito!
    (ormai sono arrivati in cina,prima o poi s'incontreranno sti benedetti ragazzi??)ahahah ciao
     
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7 replies since 9/11/2008, 17:26   265 views
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